FESTA DI PIEDIGROTTA di Raffaele Viviani regia di Nello Mascia.

Al Teatro Trianon Viviani di Napoli dal 15 al 19 ottobre 2025

Servizio di Pino Cotarelli

Napoli – Con un lavoro di regia molto impegnativo Nello Mascia mette in scena al teatro Trianon Viviani “Festa di Piedigrotta”, il noto lavoro del 1919 del grande commediografo Raffaele Viviani che ha saputo condensare sulla scena “la Grande bellezza di Napoli”, con i suoi contrasti, le grandi contraddizioni, i colori, le luci e le ombre di una umanità aggrappata alla vita con vorace ottimismo. Una rilettura che offre una intersezione fra passato e presente dove le difficoltà del dopoguerra si confondono con le incertezze dei nostri giorni per le tante guerre che condizionano i nostri giorni.

Con la prima del 15 ottobre si apre così, l’interessante stagione 2025/26 del teatro Trianon Viviani che Marisa Laurito, direttore artistico, ha voluto definire «stagione appassiunata», come lei stessa ha affermato introducendo lo spettacolo. Un complesso lavoro che ha richiesto il contributo di Eugenio Bennato con le sue elaborazioni musicali che hanno riprodotto il clima di trasgressione e anarchia di questa sagra popolare, contaminata dalle percussioni di Ciccio Merolla e dalle esibizioni canore graffianti di Pietra Montecorvino e dalle belle vocalità canore di Serena Pisa (EbbaneSis) e Dario Sansone (Foja). 

Due atti di 50 minuti, più 10 di intervallo, che riportano la tradizionale festa di Piedigrotta di un tempo, nella quale il clima disordinato, confuso e festoso aiutava anche a superare gli eccessi degli scugnizzi, le buffonate guappesche, i litigi familiari e le tresche amorose, trasformando tutto in un gioco. Anche il pubblico viene coinvolto in questo gioco, con un grosso pallone sulle teste degli spettatori divertiti, per esorcizzare i momenti critici al grido di “è piedigrottaaaaa,,,,” una scusante rappacificante per tutto. Una scenografia scarna, quella voluta da Raffaele Di Florio, per annientare il tempo e offrire scene universali che emergono dalla penombra su carrelli mobili, mossi dagli stessi attori. Belle coreografie di Ettore Squillace, come i costumi di Francesca Romana Scudiero, in linea con l’epoca e il clima festoso. Un cast di trenta artisti, tutti bravi, per quarantuno personaggi che si muovono sia sulla scena che fra il pubblico, dà l’idea del complesso lavoro effettuato e le eventuali ottimizzazioni che nel corso delle rappresentazioni, che si protrarranno fino al 19 ottobre, potranno essere apportate.

 

Nota di Nello Mascia, regista
La festa non c’è. A Viviani non interessa fornire notizie documentali sullo svolgimento della festa di Piedigrotta. Festa di Piedigrotta di Viviani è piuttosto una metafora. Viviani usa il momento della più antica manifestazione della liberazione popolare, per raccontare la condizione di un popolo, appena uscito da una guerra devastante. Siamo nel 1919. È un popolo ferito e disorientato. Monco e famelico. Crudele e disperato. Con una feroce urgenza di vivere. Personaggi che sono tutti vittima e carnefice insieme. A cominciare dalla coppia di anziani, piccolo-borghesi della prima scena. Vittime degli scugnizzi. Ma ipocritamente tolleranti nei confronti del ricco giovane spasimante della figlia. È vittima la Guardia nei confronti dei Bazzarioti, ma è carnefice nei confronti di ‘Ngiulina, sua moglie, alla quale costantemente rimprovera il suo malessere e la sua condizione di “pover’uomo”, frenato nelle sue ambizioni dai doveri coniugali imposti dalle regole piccolo-borghesi. ‘Ngiulina è vittima di un marito vigliacco e scontento, che non evita di ricattare costantemente con l’arma della maternità. 

Caterina è vittima di un suo perbenismo borghese, che la spinge ad accettare un matrimonio agiato ma infelice, negandole la felicità dell’amore ritrovato. E intanto ti danneggia il marito collerico, rinfacciandogli l’inadeguatezza di meritare una moglie giovane. Nunziello riscatta il suo evidente disagio generazionale nei confronti di Caterina, sfogando su di lei la sua natura manesca. Il Maruzzaro subisce degli Scugnizzi, la crudelissima beffa della scarpa nella pignata, che distrugge il suo commercio. Ma continua a smerciare col brodo ormai imbevibile. Sono carnefici persino gli Scugnizzi che dichiarano manifestamente le loro intenzioni ladresche. Eppure, sono vittime di un sistema sociale e politico che li emargina e li abbandona a un futuro malavitoso. Destino malavitoso che è già il presente dei terribili Bazzarioti. Mimì è l’unica faccia positiva di questa umanità disperata. È il testimone della cultura altra. Non ancòra corrotta dalle logiche economiche. È il prototipo dell’Uomo Nuovo che salverà il mondo. 

È l’unico razionale in mezzo a tanta follia. È l’unico che dalla festa di Piedigrotta trae un beneficio. Tutti vanno alla festa alla ricerca di un utopico altrove. È un popolo che va alla festa. Ma che alla festa non partecipa mai. Tutte le feste popolari rimandano inevitabilmente ai riti dionisiaci. «A Piedigrotta gli uomini scompaiono per diventare cose». La linea di confine fra ragione e follia. E se è vero che i temi di Viviani sono costantemente quelli dei tragici greci, non è avventuroso il parallelo Festa di Piedigrotta e Baccanti di Euripide. E non è incauta la ricerca di una matrice comune o almeno di motivi di similitudine fra la tragedia di Euripide e l’opera vivianea. Leggo Viviani con tutta la consapevolezza di uomo del tempo mio. E allora per me Festa di Piedigrotta non può essere altro che un viaggio nella memoria. 

Un viaggio a ritroso nella mia storia recente. Ma anche un’occasione per raccontare il mio, il nostro contemporaneo. Siamo tutte donne e uomini del nostro tempo. Attori. Artefici. Mettiamo in scena i nostri ricordi della festa attraverso le parole di Viviani. E insieme, le inquietudini di donne e uomini del nostro tempo. 
Ma più si va avanti nel viaggio di approfondimento e più ci si accorge di nuove suggestioni. Le dissonanze. Le classi sociali che si intersecano e si contrappongono. Le diverse culture che si scontrano. Le difficoltà di accogliere culture lontane e quindi diverse. Il conflitto stridente fra cultura popolare e cultura piccolo-borghese. E forse è questo un altro tema centrale. L’impossibilità del mondo borghese di perdere la ragione. «Sta int’ ‘e ccatene ‘sta libertà». 

Dice la cantante nello struggente finale della sua canzone. E poi scompare. La contrapposizione reiterata fra musica popolare e musica borghese. E la supremazia sottolineata col finale di Spalluchiello, che irrompe in scena accompagnato dalla festosa Musica giapponese, espressione più genuina della creatività popolare. La Musica giapponese. Termine un po’ ironico che Viviani attribuiva alla musica nata spontaneamente dalla percussione di oggetti casuali: caccavelle, bicchieri, scatole. E solo allora la gente si abbandonerà al sabba liberatorio. Al ritorno al Dio Natura, alla Grande Madre. Mentre di lontano irrompe il frastuono di un meeting rave. 
La festa non c’è. La festa non la possiamo raccontare. La festa è altrove.

nota di Eugenio Bennato, autore delle elaborazioni musicali
Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani è un grande musical, fatto di canzoni accorate, di ritmi inquietanti e coinvolgenti, di corali che accompagnano l’attesa e il passaggio dei carri allegorici; ma la musica ricrea soprattutto il clima trasgressivo e anarchico della festa, l’atmosfera frenetica e misteriosa, dove la Madonna marina sovrasta sia i devoti sia gli scettici, e si manifesta soprattutto quando, a notte inoltrata, il chiasso si placa e cessa il divertimento e il traumatico passaggio è per tutti la metafora della effimera essenza della giornata e della vita. Viviani nel 1919 scrisse queste melodie nelle quali ritrovo l’urlo diverso di una Napoli contemporanea; Napoli non è più la stessa, sono diverse l’allegria e la malinconia, sono diversi i rapporti tra i fidanzati, sono cambiati i modelli e i punti di riferimento degli scugnizzi dei benpensanti e dei malfattori. Ma resta l’unicità di una città in cui convivono due anime diverse.

nota di Raffaele Di Florio, autore dello spazio scenico
Quando Nello Mascia mi ha parlato di come intendeva affrontare Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani, mi è venuto in mente un articolo di Vasco Pratolini sulla vera festa settembrina partenopea. Nell’esaltare lo spettacolo teatrale sulla rivista la Voce del Mezzogiorno, Pratolini, rivolgendosi ai napoletani, scriveva: «La sola e vera Piedigrotta degna della sua leggenda, della sua tradizione, del suo nome l’ho vista su un palcoscenico fiorentino venti e più anni fa, recitata dalla compagnia Viviani… come in una strada. […] Ora voi non sapete fare questa festa, o non volete o non potete.» Di fronte a queste poche righe, dai tratti duri e severi, continuavo a chiedermi, con un senso di inadeguatezza e di disagio, quali potessero essere i paradigmi di una messinscena dell’opera di Viviani in questo preciso momento storico, come delineare lo spazio scenico, evitando di scivolare nella nostalgia figurativa? La lucidità di Mascia e la sua visione innovativa per molti aspetti dell’opera in questione mi hanno suggerito un impianto scenico “dinamico”: uno spazio mobile, ma scarno, senza quinte, elaborato in modo tale da affidare tutto alla creatività e alla forza dell’attore, il quale interpreta di volta in volta un personaggio, per poi tornare al “margine” dello spazio scenico, dove, pur abbandonando i caratteri del personaggio, rimane spettatore attivo dell’evento.

Il Trianon Viviani si avvale del sostegno della Regione Campania, la Città metropolitana di Napoli e il Ministero della Cultura, con il patrocinio di Rai Campania

FESTA DI PIEDIGROTTA
sagra popolare in due atti
versi, prosa e musica di Raffaele Viviani
personaggi la Memoria | Spalluchiello, Piedigrotta, don Gennaro | Maruzzaro, donna Filumena | Acquaiola, Nunziatina, Beniamino, Olimpia | Vicenza, Maria, Turillo | Cusemiello | Totonno, Rafiluccio | Perillo | Giorgio, Bambina, Papele, Alisandro, Meniello, Sciacillo, Guardia municipale | Ficurinaro, ‘Ngiulina, Aitano, Giuvanne | Girolamo, la Cantante, Solista del carro delle Lucianelle, Solista del carro delle Lavannare e del carro dei Pescatori, Solista del carro delle ‘Mpechere, Nunziello, Caterina, Mimì di Montemurro, Luisella, Erricuccio, Solista e percussionista, Ave Maris Stella

interpreti Nello Mascia, Federica Avallone, Gino Monteleone, Federica Aiello, Federica Totaro, Claudio Bellisario, Sabrina Incoronato, Serena Caputo, Ivano Schiavi, Alfredo Mundo, Vittoria Giuliano, Francesco Del Gaudio, Christian Chiummariello, Antonio Guerra, Giuseppe Lanciato, Roberto Caccioppoli, Viviana Curcio, Davide Chiummo, Luca Saltarelli, Pietra Montecorvino, Serena Pisa, Ernesto Lama, Dario Sansone, Ciro Capano, Rossella Amato, Stefano Sarcinelli, Angela Bertamino, Massimo Masiello, Ciccio Merolla, Filomena Diodati
elaborazioni musicali Eugenio Bennato
spazio scenico Raffaele Di Florio
coreografie Ettore Squillace
costumi Francesca Romana Scudiero
luci Gianluca Sacco
audio Daniele Chessa
regia Nello Mascia
assistente alla regia Roberto Giordano
direttore di scena Costantino Petrone
sarte di scena Cira Izzo, Sara Massari
elettricista Antonio Minichino
ufficio produzione Daniela Riccio
direttore di produzione Luciano Quagliozzi
amministratrice Francesca Buzzurro
segretaria di compagnia Silvia Di Meo
comunicazione e ufficio stampa Paolo Animato
fotografo di scena Pino Miraglia
grafica Arkè
promozione Anna Caruso, Valeria Vellante
social media Gabriella Galbiati
realizzazione video e pubblicità Sud promotion
sartoria Canzanella
scenografia Imparato e figli
luci e fonica Emmedue
produzione Trianon Viviani

 


















 

 

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