TEATRO POLITEAMA | PEPPE BARRA - LA CANTATA DEI PASTORI, una luce nella notte
Al Teatro Politeama di Napoli, da mercoledì 18 a domenica 29 dicembre 2019
Servizio di Rita Felerico
Napoli - Peppe Barra racconta che durante i giorni delle festività natalizie si incantava a guardare il presepe di sera, al buio, quando spente tutte le luci della stanza si illuminava; assaporando quel momento sognava. Una di quelle sere, la voce della madre, Concetta Barra, lo ridestò: «Peppì... ma che staie facènno sulo sulo lloco ‘nnanze?». Peppe rispose che voleva sapere perché Benino, il pastorello dormiente, lo si metteva sempre in alto e sempre nello stesso posto del presepe. E la madre: «Pecché accussì è l’usanza. Adda stà llà e basta!... È stato sèmpe accussì!». Peppe capì allora che nelle tradizioni non ci sono spiegazioni, bisogna solamente viverle, sognarle e lasciare che parlino con il muto linguaggio della poesia e dell’amore. Un Natale lontano dai luccichii delle vetrine e dallo straripare di doni costosi e inutili lo portiamo tutti nel cuore; lo abbiamo visto con gli occhi di un bambino, vissuto con lo stupore e la gioia nata dalla inaspettata meraviglia che dona la sorpresa e la rivelazione di un segreto. E’ il segreto di un antico amore, semplicemente quello per la vita, nella quale si snoda la vicenda del bene e del male, di ciò che possiamo comprendere e no, della lotta e della contraddizione di fronte alla quale ci troviamo sempre ogni volta che dobbiamo scegliere. La Cantata dei Pastori – Una Luce nella Notte - la ‘favola’ raccontata da Razzullo, lo scrivano assoldato per il censimento e Sarchiapone, il barbiere pazzo in fuga per omicidio, ne racchiude tutto il senso; l’appuntamento teatrale al Politeama dal 18 al 29 dicembre 2019 che da oltre quarant’anni – dal 1974 -Peppe Barra porta sulla scena napoletana, dapprima con la regia di Roberto De Simone e successivamente con la sua, diviene ogni volta un testo ricco di nuovi significati a seconda di ciò che accade nel momento storico nel quale si cala. Come a dire che l’antico testo religioso tardo seicentesco intriso di riti, miti, simboli tesi a spiegare il mistero della Natività - la prima edizione fu pubblicata da Andrea Perrucci nel 1698 con il titolo: Il Vero Lume tra l'Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato, usando lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone- rappresentato durante la notte di Natale fino all’ottocento, resta ancora un ‘canto’ che ridesta il desiderio d’amore e di rinascita racchiuso nel messaggio che il Natale trasmette. Lo schema del linguaggio drammaturgico operato all’epoca dal Perrucci per contrastare la Commedia dell’Arte e quindi la liberalizzazione dei sentimenti, non riesce a delimitarne l’espressività. È ciò che coglie nel tempo e in modo specifico Peppe Barra insieme alla maestria di amalgamare dialetto, lingua colta, gergo volgare tanto che all’ascolto nulla appare ‘fuori armonia’. Accanto a Ranzullo / Barra, da qualche anno si affianca al grande comico, dopo l’indimenticabile Concetta Barra, la versatile e bravissima Rosalia Porcaro, nella veste di Sarchiapone, personaggio comico introdotto alla fine del ‘700, che si pone non tanto come contraltare a quello di Ranzullo, ma come voce critica e dubbiosa rispetto al ‘ciò che accade’, come suono che richiama il divenire dei fatti, il viaggio di Maria e Giuseppe verso la grotta della Natività. Quindi, seppure gli elementi sacri della versione originale furono quasi soppiantati da comicità e volgarità spesso gratuita - fino alla cancellazione dello spettacolo nel 1889, quando anche Benedetto Croce lo ritenne ‘finito’ - la forza contenuta nel testo ha rimesso in scena un teatro ‘rituale’ nella contemporaneità, come interprete della circostante cultura dei gusti e delle ‘sapienze’ da cui discende. Una rilettura e un adattamento che consentì appunto la fortunata riproposizione del 1974 e il crescente successo degli anni successivi.
Un ascolto attento meritano le musiche del M° Carmelo Columbro, eseguite da un ensemble di undici orchestrali diretti dal M° Giorgio Mellone: con originali arrangiamenti dei brani che, pur rispettando la forma musicale dell'epoca, vivono di una inconfondibile orma di stile, con una particolare riuscita dei terzetti che riportano al linguaggio dell'opera barocca. Intense le presenze scenografiche, grazie al recupero di strumenti e stili pittorici della tradizione a cura di Tonino Di Ronza (vedi per esempio il dettaglio dello scudo riflettente dell'arcangelo Michele con l'incisione “Quis ut Deus?” tipica della cosmogonia cristiana), ed altrettanto forti i costumi di Annalisa Giacci; mentre il disegno luci di Francesco Sabatino sottolinea bene i passaggi continui dell’alternanza fra Luce e Tenebre.
Peppe Barra (Razzullo) è protagonista, autore e regista dello spettacolo.
Con lui in scena Rosalia Porcaro (Sarchiapone).
Con Patrizio Trampetti (Cidonio/Diavolo Oste), Maria Letizia Gorga (Zingara/Gabriello), Francesco Iaia (Demonio), Enrico Vicinanza (Ruscellio), Francesco Viglietti (Armenzio), Chiara Di Girolamo (Maria Vergine), Andrea Carotenuto (Giuseppe), Ciro Di Matteo (Diavolo mangiafuoco) e Giuseppe De Rosa (Benino).
Le musiche sono del M° Carmelo Columbro, la “Canzone di Razzullo” è del M° Roberto De Simone.
L'orchestra è diretta dal M° Giorgio Mellone.
Scene di Tonino di Ronza, costumi di Annalisa Giacci, coreografie di Erminia Sticchi.
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