IL SOCCOMBENTE di Thomas Bernhard, traduzione Renata Colorni, riduzione Ruggero Cappuccio, regia Federico Tiezzi
Capodimonte – Cortile Della Reggia - 25, 26 giugno Ore 21.00 - Debutto Assoluto Campania Teatro Festival
Servizio di Rita Felerico
Il romanzo, in forma di monologo, il Soccombente narra la storia di
una amicizia/ inimicizia fra tre musicisti, specchio – secondo l’autore Thomas
Bernhard – dei rapporti che possono istaurarsi e stigmatizzarsi fra
familiari, fra gli uomini, le donne e in genere in ogni relazione. La musica avrebbe dovuto consolidare l’amicizia
fra i tre pianisti, allievi del grande Maestro Horowitz a Salisburgo, legarli in
un dialogo aperto e sincero, come solo la musica sa fare ma, purtroppo, la loro
amicizia si trasforma in strumento di dolorosa competizione, nel quale l’invidia
e il rancore prendono il sopravvento. Wertheimer,
uno dei due, è talmente sopraffatto dalla genialità di Glenn Gould – interprete
inarrivabile di Bach e delle Variazioni Goldberg – che soccombe alla sua
personalità, distruggendo se stesso e ogni possibile crescita personale, fino a
suicidarsi. Nessuno riesce ad allontanarlo da questa malefica decisione. Ruota
intorno a questo inestricabile nodo. Il soccombente, riletto da Ruggero
Cappuccio in chiave più teatrale, rispettando -afferma- una innata
caratteristica della narrativa di Bernhard, che la regia di Federico Tiezzi ha
reso poi un piccolo gioiello di interpretazione scenica, in debutto assoluto al
Campania Teatro Festival.
Un meraviglioso Steinway occupa il palcoscenico, all’interno di un luminoso
e lineare disegno geometrico che ricorda le piramidi tombali e il pubblico
viene accolto dal pianoforte di Gould - in video -, come per prepararsi ad assistere
ad un rito, ad un dramma non lontano dalla nostra sensibilità animalesca che,
secondo Bernhard, neppure l’ineffabile linguaggio della musica riesce a domare.
Il narratore, un impeccabile Sandro Lombardi, anche lui pianista, rivive
in prima persona la vicenda, ricordandola proprio prima di una sua esibizione;
ricorda Glenn Gould, il suo genio respingente, Wertheimer- interpretato con
convinzione da Martino D’Amico- e il suo ossessivo desiderio di
immedesimarsi, di essere come Glenn anche a costo di annientare se stesso, e la
sorella di Wertheimer – la brava, disinvolta Francesca Gabucci- legata a
lui da un rapporto viscerale e duro. Il narratore, l’unico dei tre musicisti a
voler essere semplicemente se stesso e a voler rimanere nei confini dei propri limiti,
dopo aver ricordato tutta la vicenda, decide di esibirsi eseguendo una famosa
partitura di John Cage la 4’33”, dove il silenzio sostituisce la musica
e qualsiasi parola/nota musicale.
L’ unica elegante figura femminile - come detto la sorella di Wertheimer - si
muove con agilità nello spazio occupato da questi rovinosi sentimenti: si
nasconde fra le corde dell’esuberante pianoforte, ci cammina su, legge antiche e
nuove partiture, si siede sulle eleganti poltrone. Cerca di far rinsavire il
fratello, di fargli comprendere che ciò che cerca è irraggiungibile. Se è la
genialità di Glenn che vuole, deve convincersi che è un’impresa quantomai
impossibile giacché siamo unici nel nostro essere e divenire. Fallisce nella
sua impresa e assiste inerme alla drammatica fine del fratello.
Ripercorre un po'
l’autobiografia di Bernhard questo monologo/romanzo; lui era figlio di una
ragazza madre, è stato cresciuto dai nonni, a Vienna, non riesce a diplomarsi
al liceo e finisce malato in un sanatorio, dove inizia a scrivere. L’autore incarna
in Wertheimer la debolezza umana, l’incapacità di rovesciare la negatività dei
nostri limiti, e la donna/sorella è l’unica a parlare un linguaggio più umano,
a voler mettersi in gioco; indossa infatti una maschera, una testa di animale,
per pochi minuti, all‘inizio della rappresentazione, un cervo credo. Gli
animali rappresentano una parte profondissima di noi, legata ai nostri istinti,
e in questo modo penso sia lei – nelle intenzioni del regista - ad introdurci
nella dimensione del teatro, unico luogo dove i nostri istinti si possono manifestare
liberamente, unico luogo a parlare con un rito e con le azioni di un rito dell’individuo
e della sua vita.
Foto Giusva Cennamo
IL SOCCOMBENTE
CON MARTINO
D’AMICO, FRANCESCA GABUCCI, SANDRO LOMBARDI
SCENE E COSTUMI GREGORIO ZURLA
LUCI GIANNI POLLINI
REGISTA ASSISTENTE GIOVANNI SCANDELLA
PRODUZIONE COMPAGNIA LOMBARDI-TIEZZI, ASSOCIAZIONE TEATRALE PISTOIESE,
FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL
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