“PECCATO CHE FOSSE PUTTANA” – di John Ford – Traduzione di Nadia Fusini - Adattamento e regia di Laura Angiulli

Al Teatro Galleria Toledo di Napoli per il Napoli Teatro Festival Italia il 28 e 29 giugno

 
Servizio di Antonio Tedesco

 

 
Napoli – All'estremo limite del Teatro Elisabettiano, già in fase di avanzata decadenza, così come di una morale disfatta che brucia al fuoco delle passioni, si colloca l'opera di John Ford, Peccato che fosse puttana, messa in scena per la prima volta nel 1632.  Un testo dove il disincanto per la natura umana è totale (seppur non indagato con le finezze stilistiche e psicologiche di altri autori di poco precedenti) e dove il male rimane  vittima delle sue stesse macchinazioni, ma rappresenta anche, per certi versi, una forma di esaltazione di sé che serve, se non altro, a riscattare la natura umana da una condizione di tiepida mediocrità. Questo proprio sembra esserci dietro l'irrefrenabile impulso di Giovanni, innamorato carnalmente della sorella Annabella e da lei visceralmente ricambiato, rapporto incestuoso che è al centro di un intreccio anche abbastanza complesso e articolato che coinvolge numerosi altri personaggi. Una voglia di ribellione alle costrizioni sociali e morali da perseguire infrangendo, si potrebbe dire, in maniera plateale, uno tra i più rigorosi tabù della nostra cultura e della nostra civilità. Una ambiguità e una doppia valenza che non risparmia neanche i personaggi che dovrebbero essere portatori di moralità e di valori positivi. Questi, infatti, risultano a loro volta imbelli e tragicamente impotenti a gestire e governare questi flussi di turgida e sanguigna passionalità che inevitabilmente tendono a sfociare nella tragedia. Fino a cadere, fatalmente, vittime della propria stessa ingenuità.

Si tratta di un testo complesso e impegnativo che mette in gioco non solo la natura umana mossa dalle pulsioni primordiali e spesso inconfessabili che la muovono, ma anche, del complicato intreccio di relazioni (convenienze, ipocrisie, giochi di potere) che ogni singolo individuo deve stabilire con l'altro e con il contesto nel quale si trova a vivere.

John Ford, forse per pessimismo, forse per gusto dello spettacolo, fa prevalere la pulsione animale che non riesce a conformarsi sugli usi e sulle convenzioni sociali, e proprio intorno a questo pricipio Laura Angiulli costruisce il suo spettacolo, andato in scena a Galleria Toledo per il Napoli Teatro Festival. Quasi una fiera delle passioni, non più represse, ma lasciate libere di esprimersi senza freni e senza ritegno. Così chiude i suoi personaggi in un ambiente neutro, quasi claustrofobico, nel quale ognuno di essi (rimanendo per la gran parte sempre in scena) sembra ancor più prigioniero di se stesso e del contesto in cui si trova, e vive la propria natura quasi fosse una condanna ineluttabile. Fino all'ecatombe finale, una specie di catarsi che non risparmia né “buoni” né “cattivi”, e (quasi come nel cinema horror contemporaneo) si fa metafora dell'impossibilità di sfuggire ai fantasmi della propria mente e della propria anima. Lo spettacolo si snoda, così, con i ritmi di un cupo girotondo amoroso, che assume di volta in volta sfumature comiche, tragiche o grottesche e dove l'ormai tardo Teatro Elisabettiano si contamina con i primi segnali del Teatro Borghese che verrà.

Tutto questo, però, non ci è parso adeguatamente sostenuto dal necessario ritmo recitativo, per un testo concepito come una sorta di ragnatela verbale in cui, seppur in maniera diversa tutti i personaggi restano impigliati. Incesti, tradimenti, delitti passionali, John Ford mette in scena un'umanità che boccheggia vanamente intorno alle proprie passioni (e illusioni) e che avrebbe richiesto, forse, un maggior coinvolgimento e una maggiore incisività interpretativa. Si distinguono, comunque, nella nutrita compagnia, le prove di Cloris Brosca, nel ruolo di Putana, di Alessandra D'Elia in quello di Annabella, di Agostino Chiummariello nel doppio ruolo di Bonaventura e di Donado e Vittorio Passaro che è Bergetto. L'impianto scenografico è di Rosario Squillace, le luci sono di Cesare Accetta, le musiche originali di Pasquale Bardaro.

 

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