ZIO VANJA regia Leonardo Lidi
Al Teatro Mercadante dal 23 al 28 aprile 2024
Servizio di Rita Felerico
Il regista la
cui fama è legata alla capacità di stravolgere, rivitalizzare, rimaneggiare i
testi del teatro classico senza perderne il senso originario, Leonardo Lidi,
è al Teatro Mercadante con zio Vanja di Anton Čechov, seconda tappa di un progetto
(primo spettacolo è stato Il Gabbiano) che si concluderà con Il
giardino dei ciliegi.
La necessità di confrontarsi con il grande
drammaturgo russo, utilizzando linguaggi grammaticalmente innovativi, nasce si
- comprende- dall’esigenza di coinvolgere sempre più i giovani nel mondo del
teatro e nelle riflessioni che portano il teatro e la figura dell’artista, a divenire
centro di un pensiero sul futuro, come soggetti non passivi, ma intesi come un
vero e proprio investimento.
Quello che colpisce è la capacità di Lidi di
instaurare un vero e proprio dialogo, con i personaggi, con l’autore, come se
si ponessero fra di loro domande e relative risposte rispetto alle situazioni
reali che gli attori / personaggi vivono ed esprimono. Si spiega così il suo
modo di mettere in scena la naturalezza con la quale si immedesimano nei
ruoli, non dimenticando di essere uomini e donne di oggi pur parlando una lingua
ormai del passato.
Così si comprende il grigio muro costruito con
assi di betulla simile a una parete di
mattoni, da dietro entrano gli attori, come a confermare l’impossibilità
di abbattere quel muro, si nasconde lì la casa dove si svolge il dramma umano
di Vanja, Sonja, figlia di primo letto del professor Serebrijakov, un egoista
vanitoso odiato da Vanja ma stimato da Marija, madre di Vanja e già sua suocera,
di Elena, bella donna, seconda moglie di Serebrijakov amata da Vanja, che, annoiata, si lascia attrarre dal dottor Astrov, che prova
affezione solo la natura, disprezza gli uomini e cerca conforto nella vodka.
Si comprende la panca,
grigia anch’essa, addossata a quella parete, dove si siedono, si amano,
litigano, parlano, sognano, si confidano tutti i personaggi. Ogni tanto appare
silenzioso un grazioso barboncino nero che sembra conoscere alla perfezione i
momenti nei quali intervenire o sparire.
E’ qui che Čechov di trasforma attraverso la
traccia di Lidi in contemporaneo ; sono illusioni le parole del medico Astrov
che teorizza la tutela degli alberi, della terra, è scomparsa la bellezza della
città ucraina di Kharkiv , oggi bombardata, dove fuggono il professore ed Elena
alla fine del dramma ( Čechov comunque non desiderava che le sue opere
fossero definite come ‘dramma’); è di oggi l’indifferenza verso il vivere
‘politicamente’, in una società sempre più grottesca e
tristemente comica. Non ci sono altri oggetti, caratterizzazioni di ambienti,
e i fatti accadono in quel microcosmo di spazio, dove si consuma anche il
fallimento emotivo e vero degli ‘spari’ non andati a segno di Vanja verso il
professore.
Bravissimi gli attori, coordinati
dal regista con ritmi serrati; centrato nel suo ruolo Maurizio Cardillo,
un ridicolo professor Serebriakov, fatale diva anni ’60 la bella Elena,
interpretata da Ilaria Fallini, come stralunato lo zio Vanja di Massimiliano
Speziani, vero mattatore il medico Astrov, Mario Pirello. Le parole
finali spettano a Sonja, la rossa che ama nel cuore il medico Astrov,
Giuliana Vigogna. Caratteri di scena sono la suocera del professore,
Marija, Angela Malfitano, la balia Marina, con i suoi
bigodini e vestaglia fucsia che Francesca Mazza interpreta con vero
piglio di contadina, pratica e determinante e il piccolo proprietario fallito e
parassita Telegin, Domenico Agrusta, che ne accentua la goffaggine.
Tutti vestono abiti stile anni ’60 o dai
teneri e sfumati colori o caricati nelle tonalità. Tutti gli attori calibrano i
gesti con liberi movimenti del corpo che al momento giusto esplodono per
sottolineare l’inutilità e la poca efficacia di ogni pensata azione.
L’atmosfera dell’intero testo e della resa scenica si
va a collocare in un post – storico, in un limbo che parla dell’immaginazione di
una sconfitta: l’incapacità di fare i conti con i limiti e gli sbagli operati
nel passato e l’inefficacia di operare scelte che, nel tentativo di
riequilibrare le sconfitte, possano mutare la situazione.
Attentiamo la fine della trilogia, con la messa in
scena del Il giardino dei ciliegi.
ZIO VANJA
PROGETTO ČECHOV – seconda tapparegia Leonardo Lidi
con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela
Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani,
Giuliana Vigogna
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Franco Visioli
assistente alla regia Alba Porto
produzione Teatro Stabile dell’Umbria, in
coproduzione con Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, e con Spoleto
Festival dei Due Mondi
RIPRODUZIONE
RISERVATA