IL DUCE DELINQUENTE con Aldo Cazzullo e Moni Ovadia

Quando la musica parla

Servizio di Rita Felerico

Bravissima Giovanna Famulari ad accompagnare Aldo Cazzullo e Moni Ovadia nella lettura dei testi di uno spettacolo da rivedere più volte e da commentare con le giovani generazioni. Più volte, perché dimentichiamo o non sappiamo leggere ancora con attenzione e senso critico cosa sia accaduto e cosa sia stato scritto nelle pagine di storia della nostra Italia non molto tempo fa, in fondo.  Vicende che segnano il presente con esacerbata violenza, perché non si è capaci di aprire gli occhi e guardare verità che sono state nascoste o trasfigurate - volutamente o no – per annebbiare giudizi e visioni. Ci sarebbe da riflettere sulle fake news, sulla bugiardaggine dell’informazione e sulla manipolazione della propaganda, della pubblicità, dei mass media. Mussolini ne era un fine conoscitore.

La “vicenda” del fascismo si trascina così fino ai giorni nostri con un lento, insidioso penetrare nel pensiero sociale e politico degli italiani, la maggior parte dei quali in fondo riserva simpatie e accondiscendente approvazione per le idee e gli atti di un uomo che Aldo Cazzullo nel suo ultimo libro - Mussolini il Capobanda - definisce appunto spietato ‘capobanda’ e nella versione teatrale. Il duce delinquente.

Superare la convinzione della maggioranza degli italiani che Mussolini abbia fatto bene fino al 1938, ovvero, fino a quando è subentrata l’alleanza con Hitler, era il principale obiettivo della rappresentazione dei due artisti, che con una particolare e meticolosa ricostruzione, hanno dato voce ai fatti e a chi li ha vissuti. Fra letture e canzoni Aldo Cazzullo e Moni Ovadia, accompagnati da Giovanna Famulari, hanno snocciolato la successione delle morti di Gobetti, Gramsci, Matteotti, Amendola, dei fratelli Rosselli, di don Minzoni, del figlio e della donna che amò, in manicomio. Si va avanti con la persecuzione degli oppositori, degli omosessuali, i campi di concentramento per libici, gli abissini gasati, il bombardamento degli spagnoli; una meticolosa e circostanziata dimostrazione di quanto Mussolini fosse uomo cattivo e grande narcisista.

La guerra non è un impazzimento; è lo sbocco naturale del fascismo” afferma Cazzullo “e aver mandato i soldati italiani a morire senza equipaggiamento in Russia, nel deserto, in Albania è stato un altro crimine”. Un parere su Mussolini molto severo che non ammette chi ha ancora un'immagine deformata del Duce. Si arriva persino ai tempi nostri col neofascismo e le sue bombe sui treni, nelle banche e in piazza.

L’intreccio dei testi e delle immagini in bianco e nero è frutto di uno studio accurato, ma qui la riflessione va alla musica capace, grazie alla maestria della Famulari (scelta degli strumenti, del ritmo, delle tonalità, del suonare) di dare maggior senso alle parole, rivelatrici in alcuni casi di episodi poco conosciuti o sconosciuti.

Fra le canzoni come Parlami d’amore Mariù, Maramao perché sei morto e le pittoresche Giovinezza o Faccetta nera, sono comunque tre i brani portanti che strutturano il bellissimo testo di Cazzullo e l’interpretazione di Ovadia, il quale canta in più lingue e imita con giusto tono le voci del duce, di Galeazzo Ciano e altri: Amapola, Lili Marlene e Bella Ciao, a ricordarci il dolore delle guerre, gli anni che le hanno precedute, l’atmosfera che pervade il tempo fra i due conflitti.

Tre brani accomunati dall’essere ‘poesie’ di resistenza, d’amore, testimonianza di un umano che neppure le ‘guerre’ delle armi e la distruzione delle relazioni che ne consegue riesce a distruggere.  Se hanno avuto tanta risonanza, successo e se sono capaci di essere ancora cantate con passione, scevre da ogni volgare richiamo politico, ci sarà un motivo: è che dobbiamo ricordarci di quell’umano, sempre e delle nostre lotte di resistenza contro chi quell’umano lo vuole distruggere.

Amapola è un fragile rosso papavero. Amapola, bellissima Amapola/Non essere così ingrata/Guardami/Amapola, Amapola/Come puoi vivere così sola. E non possiamo non ricordare la bellissima versione di Ennio Morricone in C’era una volta l’America in uno degli episodi più toccanti del film. L’amore resiste se esiste, anche nella sua fragilità.

Lili Marlene. “Quando le tarde nebbie svaniranno/ chi sarà di nuovo sotto il lampione/ con te, Lili Marlene”. La ragazza evocata con tanto nostalgico amore è la Germania? “quando le tarde nebbie svaniranno”, quando sarà finita la guerra. L’amore è anche identità e la nostalgia è il desiderio di una mancanza che è dietro alle sconfitte da riconquistare. C’è tutto il dramma del presente.


E le genti che passeranno/Ti diranno «Che bel fior!» / «È questo il fiore del partigiano» /o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! / «È questo il fiore del partigiano/morto per la libertà!». Chissà perché quel fiore me lo immagino come quel papavero, rosso di Amapola, fragile e resistente.


 

Dal sito internet di Repubblica.

Dario Sansone, musicista, disegnatore, regista e direttore artistico oltre che leader ed autore della folk band napoletana Foja (2006) ha prodotto e riadattato, in occasione degli 80 anni dalle quattro giornate di Napoli (27 -30 settembre 1943), Bella Ciao, lo storico canto popolare dedicato alla Resistenza italiana.

Il brano, inserito in un progetto molto più ampio, è stato pensato e realizzato proprio in occasione della realizzazione del documentario storico e animato Quattro giorni per la libertà: Napoli 1943, regia di Massimo Ferrari e regia di animazione e realizzazione affidata ad Alessandro Rak e lo stesso Sansone, andato in onda lo scorso 29 settembre su Rai 3 in prima serata.

“Esistono canzoni infinite che non smettono mai di essere scritte. Bella Ciao - dichiara Dario Sansone - è una di queste. La sua storia è misteriosa e controversa, non se ne conoscono gli autori, non si hanno notizie certe e nel tempo è divenuta una canzone che appartiene al popolo ed al suo sentimento di resistenza e libertà. Una canzone tinta di rosso, di vita, di morte, di amore, di passione e di questi sentimenti mi sono nutrito per la riscrittura, trasferendola nei miei giorni, nei miei suoni e nella mia lingua. Il mio è un omaggio alla Resistenza della mia città e a quelle quattro giornate in cui Napoli con orgoglio ha saputo riconquistare la propria libertà ed accendere la miccia della liberazione dall'occupazione nazista e dal regime fascista in tutta Italia. Oggi più che mai a 80 anni di distanza quei giorni di resistenza restano da esempio per tutti i napoletani e per tutti i popoli in questo momento di forti distanze sociali.”

 

IL DUCE DELINQUENTE con Aldo Cazzullo e Moni Ovadia 

Musiche di Giovanni Famulari

Una produzione Corvino Produzioni sas

 

 

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