LA LUNA ideazione, drammaturgia e regia Davide Iodice

Alla Sala Assoli dal 17 al 19 novembre 2023

Servizio di Rita Felerico

Condivido con Bernard Marie Koltès quel terrore di vacuità che lo porta a dire "quando vado a teatro capisco subito che la vita è da un'altra parte". Ecco, io non voglio che la vita sia altro che il mio teatro, non voglio che sia da un'altra parte, voglio che ne sia compromesso, che ciò che è in scena abbia la stessa intensità. E la vita la inseguo lì dov’è più tesa, dove i conflitti sono più esposti, le contraddizioni più scoperte. Lì dove fuori da ogni rappresentazione l'umanità vive il suo autentico dramma, divenendo metafora incarnatache rifiuta qualsiasi mediazione o esegesi.

Ho riportato la frase che apre il sito di Davide Iodice – teatro; mi è sembrata molto efficace per spiegare ciò che il bellissimo, complesso spettacolo di Davide Iodice vuole comunicare.

Dopo il debutto a Palazzo Fondi nel 2018 nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia e dopo il Premio ANCT, Associazione Nazionale Critici di Teatro del 2019, La Luna torna a Napoli dal 17 al 19 novembre 2023, con una messinscena ripensata ad hoc, nello storico spazio di Sala Assoli.

Per Davide Iodice, drammaturgo e ideatore, è la terza tappa di un percorso di ricerca iniziato già con altri lavori, La Fabbrica dei Sogni e Un giorno tutto questo sarà tuo. Dopo i sogni e la spiritualità, questa volta il tema è il rifiuto, lo scarto, si indaga sulla logica del mettere a tacere - per liberarsene? -  i dolori e i soprusi, che lievitano come pietre conservate nei ricordi e come ferite mai rimarginate di un presente che ci attanaglia con la sua violenza.

Perché è la violenza che avvolge la quotidianità della vita, i nostri pensieri, i nostri gesti, è la violenza la protagonista di cui siamo intrisi al punto da non averne più la percezione, la si subisce, la si agisce, siamo soggetti soccombenti e silenziosi.

Il dialogo infatti è fatto di suoni, di immagini, di simbolici oggetti, di movimento, una danza con la quale i bravissimi attori / performer con ritmo e senza pause attraversano il palco, rompendo e vestendosi degli stracci che formano giganteschi cubi di rifiuti.

Si aggirano le figure di fanciulli, di donne e uomini seviziati, ragazze stuprate, adolescenti bullizzati, migranti morenti, mentre echeggiano le voci degli abitanti di un mondo, di una città che non vivono ma subiscono.

Nel laboratorio che accompagnava la messa in scena del 2019 furono coinvolti l’Accademia di Belle Arti e i cittadini, invitati a consegnare un oggetto che in qualche modo potesse rappresentare un rifiuto, un qualcosa della quale ci si voleva liberare, uno scarto dell’anima di cui parlare per allontanare se non cancellare il dolore.

Si legge nelle note di regia:

“Oltre duecento i reperti raccolti che narrano di tragedie personali e collettive: la mascherina che usa in casa chi vive in terra dei fuochi; un coltello sottratto ‘per contrappasso’ a un bambino di dieci anni da parte di un ex ragazzo di strada. E poi, rose appassite di amori violenti, chiavi di stanze chiuse dov’è successo qualcosa di doloroso e dove non si è più tornati, una gabbietta lasciata vuota da un uccello che si è squarciato il petto nel tentativo di liberarsi”.

Anche adesso, l’ambito della ricerca espressiva è la comunità cittadina, chiamata ad essere ‘drammaturga’ del processo creativo, che allarga però la sua dimensione scavalcando la città e trasformandosi in linguaggio di una universale umanità ormai senza più identità. Il Chiaro di luna beethoveniano, suonato in più modi e con diverse intonazioni, accompagna per contrasto la danza sofferta dei protagonisti.

Narrare della ragazza violentata, delle spose stuprate, dei sogni infranti dei giovani, della morte che si aggira fra i protagonisti non possiede la stessa forza emotiva che accompagna gli spettatori durate la rappresentazione, quando mazzi di fiori secchi gettati da spose dagli abiti stracciati accompagnano le mosse del bugiardo marito, quando una giovane ragazza / sirena abbandona la sua verginità sulla sabbia o quando la prostituzione distrugge la vita di donne bucate da mancanza di amore. E tante, tante altre verità che nella densità creata dall’atmosfera del palco si insinuano nella nostra mente e nell’anima, se solo si ha il coraggio di guardare fino alla fine.

Molto più ritmato e coinvolgente della prima versione, questa Luna dove Ariosto diceva si raccogliesse l’altra parte di noi, quel senno / pazzia che ci contraddistingue, risponde ancora con la luce della bellezza e dell’arte al buio dell’assenza di senso. E’ l’arte come sempre a salvare il senso, a dare senso e vita.

 

‘La Luna’ un percorso di ricerca e creazione a partire dai rifiuti, gli scarti, il rimosso di una collettività, ideazione, drammaturgia e regia Davide Iodice
aiuto regia Ilaria Scarano
training e studi sul movimento Fabrizio Varriale
spazio scenico e maschere Tiziano Fario
costruzioni scenotecniche Luciano Di Rosa
costumi Daniela Salernitano
assistente ai costumi Ilaria Barbato
direzione tecnica Antonio Minichini
luce e suono Sebastiano Mazzillo
allestimento Fabio Cosimo
foto di scena Cristina Ferraiuolo
con : Francesca Romana Bergamo, Veronica D’Elia (Annamaria Palomba), Fabio Faliero, Lia Gusein Zade (Alice Conti), Biagio Musella, Damiano Rossi, Ilaria Scarano, Fabrizio Varriale
produzione Interno 5 in collaborazione con Teatri Associati di Napoli
co-produzione Casa del Contemporaneo
direttrice di produzione Hilenia De Falco

 

Un ringraziamento particolare va a tutte le persone che, consegnandoci i propri oggetti, ci hanno reso partecipi di una parte della propria vita.

 

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