OYLEM GOYLEM di e con Moni Ovadia

Al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 10 - al 12 novembre 2023

Servizio di Rita Felerico

«Oylem Goylem – (in yiddish il mondo è scemo n.d.r.) - racconta di rabbini, di commercianti, di scaccini, di cantori, di madri ebree, di figli vessati. Racconta di tragedie, della più grande tragedia». Così definì il suo spettacolo, rappresentato per la prima volta nel 1993, Moni Ovadia che ripropone al San Ferdinando, con vena forse più melanconica, il dramma dell’esilio e della dispersione di un popolo o meglio di uomini e donne imprigionati in quella condizione umana che più rispecchia l’impermanenza della vita.

Assistere ai guizzi, alle preghiere – seppure laiche di Moni -, ai racconti ironici, agli aneddoti con il cuore gonfio delle attuali e contemporanee inumane violenze di una guerra incomprensibile ai cuori e alle menti, che si consuma con rapida temporalità a pochi passi da noi, porta a riflettere su quanto sia inutile l’insegnamento della Storia e degli accadimenti.

Ovadia ci racconta con i suoi toni e registri linguistici rumeni, ebrei, polacchi, ucraini, russi della vita quotidiana, delle sofferenze, quella vita reale che si vive lottando contro la povertà, i pregiudizi, le ingiustizie che dovrebbero accomunare e non dividere entità, favorire condivisione e non dispersione, farci superare i limiti della nostra irrisoria, illusoria, falsa identità.

E il comune denominatore viene dato dalla musica, genere klezmer, specifica di uno stile fatto di espressività, di melodie che ricordano la voce umana e le sue inflessioni, il pianto, il riso, i singhiozzi. Note che echeggiano i suoni Balcani, rumeni quasi a raccogliere i sentimenti – che restano – degli uomini e delle donne costrette a spostarsi, a fuggire. Se non ‘le cose’ cosa potevano portare con sé?  la musica, varia, espansa, comprensiva e descrittiva della vita vera, quella vissuta, che non è di parte nelle scelte e nella sua umanità.
La Moni Ovadia Stage Orchestra – bravissimi tutti i musicisti non solo nel suonare gli strumenti ma nel renderli parte della loro fisicità e presenza – accompagna così come in forma di cabaret questo viaggio popolare / universale di un Moni Ovadia che si trasforma in dotto, in ironico, in rabbino, in figlio, in lettore di sentimenti, in accorto osservatore.

Una compagine musicale ovviamente diversa da quella delle prime rappresentazioni, ma con la quale   Moni Ovadia, di origine ebraica, nato in Bulgaria e cresciuto in Italia, trova una felice complicità per parlare della diaspora, della quale il klezmer è alta espressione.

Uno spettacolo cult che ha richiamato molto pubblico; Ovadia ha da poco calcato il palcoscenico del Mercadante insieme ad Aldo Cazzullo, in uno spettacolo / lettura dedicato alle quattro giornate di Napoli, anche questo accompagnato da bellissimi brani musicali. Ma recitare a Napoli e nel teatro di Eduardo, è sempre una rinnovata emozione. “Non amo molto le traduzioni dalla lingua yiddish, ma una la apprezzo molto, quella di Erri De Luca” ha detto a fine spettacolo Moni, riferendosi a quel   Canto del popolo yiddish messo a morte di Itzhak Katzenel tradotto e curato nella sua edizione proprio da Erri De Luca, che ha dichiarato: “Ho imparato lo yiddish per arrivare al Canto”. “Traduco il Canto perché è il canto dei canti, il vertice in poesia dell’esperienza della distruzione. […] Nel Canto c’è la vita feroce che vuole resistere con parole proprie e sceglie per resistenza la poesia."

 

OYLEM GOYLEM
di e con Moni Ovadia
e con Moni Ovadia Stage Orchestra
Giovanna Famulari violoncello
Marian Serban cymbalon
Gian Pietro Marazza fisarmonica
Massimo Marcer  tromba
Michele Gazich violino
scene e costumi Elisa Savi
progetto sonoro Mauro Pagiaro

produzione Corvino Produzioni, CTB Centro Teatrale Bresciano









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