Al
teatro Ridotto del Mercadante 30
novembre – 10 dicembre 2023
Servizio
di Rita Felerico
Raccontare il disagio, il fuori luogo, il non senso delle
esistenze, di quell’immaginario che pervade la mente e il cuore di chi non
riesce a compiere scelte, a liberarsi da quei sottili fili che tessono i
rapporti fra un dentro e un fuori ovvero fra desideri e imposizioni, una
sottile e perpetua lotta che nasconde, narrandolo, il limite che separa il sogno dalla realtà.
L’accettazione di un destino e per sopravvivere occorre inventarsi dei colori,
andare nel proprio mondo chiuso in cerca di orizzonti di cui si è sentito
palare ma che non si incontrano mai.
Si
potrebbe andare verso altri orizzonti? l’incomunicabile
avvolge le parole che, per quanto facciano sentire il loro peso, non sono tanto
forti da creare spazi, fratture, crepe per uscire allo scoperto.
Felicissima Jurnata è lo specchio di vite solo
apparentemente lontane dal nostro tempo: esistono, più di quanto si possa
immaginare. Non si distolgono facilmente gli occhi da telefonini, da tubi
catodici per andare incontro all’altro o a quell’altro che è in noi. Eppure
basta camminare per le strade più marginali della città, nei quartieri che pullulano di bassi e risuonano di voci
aspre, cupe, che si fanno gentili solo nel silenzio delle cose e dei fatti.
Mi vengono in mente le beckettiane rappresentazioni negli istituti
penitenziari, dove si abbattono i muri sul limite dei suoni astratti delle
parole, o l’assurdo che pervade i dialoghi e i luoghi dei movimenti di
scena. I ragazzi di Putéca Celidònia respirano
queste atmosfere nel Rione dove hanno deciso di lavorare per rigenerare un
mondo che non aveva voce e viveva di buio, la Sanità, dove ora pare si
affollino tutti con buone intenzioni di ‘fare qualcosa’. Ma Putéca è presente in quei luoghi già da
vari anni e conosce le voci di quel
contemporaneo così fisso e mobile, mutevole e ieratico tanto da sfiorare
l’istante dove paganesimo e religiosità di vita si intrecciano, si rincorrono, si
fanno la lotta.

Il testo è il frutto di questo lavoro, della conoscenza di coloro
che abitano quei luoghi, data a noi attraverso una drammaturgia - quella di Emanuele
D’Errico – semplice ma ricca di
simbolici suoni e significati, la trama si pensa sulle interviste degli
abitanti. Ne viene fuori un presente che sembra immobile (Napoli siccome
immobile come nell’intervista di
Scamardella al filosofo Aldo Masullo ) talmente incastrato in se stesso da non
poter esprimersi se non con una voce sola. Ed è Antonella Morea ad
incarnarla, con tutte le sfumature dei sentimenti: gioia, dolore, angoscia,
distacco, indifferenza, paura. Una grande Antonella - morta, viva, che importa
saperlo - che dialoga o pensa di dialogare con il suo Lello, Dario Rea,
che sotto di lei, posta in alto a sferruzzare lana, è intento ad aggiustare
luci, lavatrice, tubi nel vascio degradato, mugugna, emana strani
gridolii, non pronuncia parola. Bravissimo a dare spessore a tutto il vortice
di parole di Antonella

Antonella – nominata al premio UBU 2023 / migliore attrice – incarna la voce di quella
Napoli immobile ma sempre in moto, custode gelosa di un passato ma con
il desiderio di essere e vivere. Non ci si può non emozionare ascoltandola e
guardandola così dal basso della platea in alto, sembra venire fuori dai nostri stessi
pensieri. Suggestiva visione, non per niente Rosita Vallefuoco – sue
sono le scene – è stata anche lei nominata premio UBU. Antonella in alto, Dario
in basso velato ma alla vista di tutti col suo ingrugnito parlare.
Accompagnano le musiche originali di Tommy Grieco, in
grande sintonia con il testo e le
suggestioni dell’atmosfera, segno di una lunga, condivisa, partecipata
collaborazione con i ragazzi di Putéca; per
il suono il Maestro Hubert Weskemper, una presenza di valore, un tocco
di classe. Tutto questo rende Felicissima una bella pagina di teatro, da
godere e sulla quale soffermarci a riflettere, soprattutto per comprendere dove
i giovani che amano il teatro desiderano andare e in quali luoghi e come e perché
sentono di tramandare.
FELICISSIMA JURNATA
uno spettacolo di Puteca Celidònia
drammaturgia e regia Emanuele D’Errico
con Antonella Morea, Dario Rea
e con le voci delle donne e degli uomini del Rione Sanità
scene Rosita Vallefuoco
musiche originali
Tommy Griecosuono Hubert Westkemper
luci Desideria Angeloni
costumi Rosario Martone
aiuto regia Clara Bocchino
produzione Teatro di Napoli – Teatro
Nazionale, Cranpi, Putéca Celidònia
in collaborazione con La Corte Ospitale – Forever
Young 2022
con il sostegno di Teatro Biblioteca Quarticciolo
e di C.RE.A.RE Campania Centro di residenze della Regione Campania
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