LA VITA DAVANTI A SÉ traduzione Giovanni Bagliolo edizione Biblioteca Neri Pozza, tratto dal romanzo “La Vie Devant soi” di ROMAIN GARY Emile Ajar

Al Teatro Politeama Pratese - Via G. Garibaldi 33/35, PRATO – il 12 alle ore 21 e il 13 alle ore 16.00 novembre 2022.

Servizio di Cinzia Capristo

Prato - Successo per “La vita davanti a sé”, in scena al Politeama di Prato il 12 e il 13 novembre, la commedia tratta dal libro “La vie devant soi”, scritto nel 1975, dal romanziere francese di origine lituane, Romain Gary, con lo pseudonimo Emile Ajar, che fu oggetto di versioni cinematografiche nel 1977, con Simone Signoret e nel remake italiano del 2020, con Sofia Loren diretta dal figlio Edoardo Ponti. È la storia di Momò un bimbo arabo e del suo legame con Madame Rosa, ex prostituta ebrea, sopravvissuta ai campi di concentramento, che vive in un quartiere multietnico parigino degli anni 70, dove sbarca il lunario prendendosi cura dei figli di donne, che come lei, trovandosi in difficoltà, hanno venduto il proprio corpo.

Rispetto alla versione cinematografica, che vede come protagonista Madame Rosa, il testo teatrale mette in risalto il personaggio di Momò, risultando più aderente al romanzo di Romain Gary.  

In questa versione teatrale, prodotta da Cardellino srl, l’ottimo Silvio Orlando, con la sua oculata regia, si esibisce in un monologo, risultato leggero anche grazie alla sua notevole versatilità di attore. Prima descrive le vicende, poi dà voce al protagonista Momò, per continuare con la narrazione.     

Il testo teatrale andato in scena, traduzione dal francese di Giovanni Bagliolo edizione Biblioteca Neri Pozza, è un monologo ridotto, diretto e interpretato da un melanconico e ironico Silvio Orlando nella parte di Momo’ con la produzione Cardellino srl. La “melanconia ” è uno stato dell’animo decantato dai poeti che nobilita l’uomo nella sua essenza e Silvio Orlando né coglie in pieno le sfumature, rendendo Momo’ un personaggio con un’anima.  

Momò è alla ricerca di una “famille”, del calore di una famiglia, ricerca le attenzioni di chiunque gli possa mostrare un affetto materno che gli è stato negato, si lega quindi ad oggetti e a qualunque persona che nel suo immaginario, può rappresentare un affetto o un porto sicuro; un ombrello diventa il suo miglior amico. Anche Madame Rosa ha un vuoto da colmare, il suo porto sicuro è la fede ebraica, ma così come Momò cerca l’attenzione dell’altro, di una “famille”, e la trova in Momò che gli resterà accanto anche in punto di morte.

A sipario chiuso, Silvio Orlando già intrattiene il pubblico, dà informazioni sullo spettacolo, ironizza ringraziando il pubblico per averlo scomodato ad uscire di casa; poi il sipario si apre e scopre scene di felliniana memoria, dove fantasia, ricordi e sogni si intrecciano. Un’atmosfera in sintonia con quanto affermato dall’autore: “gli incubi sono nei sogni di quando si invecchia”, in riferimento alle paure ancestrali di Madame Rosa; al contrario Momò ha tutta la vita davanti a sé.

La scena appare simbolica con i suoi sei cubi di carta pesta sovrapposti, che rappresentano il palazzo dove vive Madame Rosa, dai quali si intravedono delle scale. Fili di luce da ambo i lati appaiono come gomene di barche; il sesto piano, un porto, un approdo sicuro, quello di Madame Rosa.

L’ensemble dell’orchestra Terra Madre (Simone Campa chitarra battente, percussioni, Maurizio Pala fisarmonica, Kaw Sissoko kora, djembe, Marco Tardito clarinetto, sax), diretta da Simone Campa, ha accompagnato e completato il racconto, con alcune atmosfere parigine e con colori musicali multietnici, spesso unico conforto della solitudine di chi è in cerca di riparo.

Prima da un vecchio giradischi d’epoca, poi con esecuzione dell’ensemble dell’orchestra Terra Madre: “Il Pretesto”, un brano che sintetizza in musica il messaggio del testo teatrale: Io so bene che i castelli di carta con un soffio vanno giù, non ne hai colpa tu, non voglio un pretesto per pietà, sai che io detesto la falsità.

Il monologo si chiude con la morte di Madame Rosa e con il rito ebraico delle sette candele, quasi a voler ribadire che nella vita di ognuno di noi, i punti fermi, i porti sicuri, sono indispensabili per poter sopravvivere a qualsiasi sofferenza umana.

Il pubblico ha gradito ed apprezzato molto lo spettacolo, sottolineando con lunghi applausi tutta la rappresentazione. Alla fine, Silvio Orlando, insieme all’ensemble dell’orchestra Terra Madre, si è esibito suonando brani etnici. Come ultimo brano, “Tanto pe’ canta”, la canzone di Nino Manfredi, che ben si adattava al testo teatrale del romanziere Romain Gary, che il pubblico ha accompagnato cantando con entusiasmo.    


LA VITA DAVANTI A SÉ, traduzione Giovanni Agliolo edizione biblioteca neri pozza tratto dal romanzo “la vie devant soi” di Romain Gary Emile Ajar, con Silvio Orlando.

© Mercure de France, diritti teatrali gestiti dalle edizioni Gallimard
con il nome di “Roman Gary” come autore dell’opera originale

direzione musicale Simone Campa
Con l’ensemble dell’orchestra Terra Madre

Simone Campa chitarra battente, percussioni
Maurizio Pala fisarmonica
Kaw Sissoko kora, djembe
Marco Tardito clarinetto, sax

scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
organizzazione Maria Laura Rondanini

direttore di scena Luigi Flammia
capo elettricista Massimo Polo
fonico Gianrocco Bruno
amministratore di compagnia Vittorio Stasi
consulenza amministrativa e organizzativa Teresa Rizzo

riduzione e regia di SILVIO ORLANDO

Produzione Cardellino srl

 

Foto di Laila Pozzo e Salvatore Pastore.

 

 


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