L’ALBERGO DEI POVERI di Massimo Popolizio, tratto dall’opera di Maksim Gor’kij, drammaturgia di Emanuele Trevi

Al Teatro Mercadante dal 3 al 14 aprile 2024

Servizio di Rita Felerico

L’albergo dei poveri in scena al Teatro Mercadante fino al 14 aprile mette lo spettatore dinanzi ad una umanità povera, negletta, cattiva, egoista, la parte buia dell’essere umano che, non si sa se per scelta o destino, vive ai margini della vita. Pian piano quell’umanità entra negli occhi e nella mente e, ben presto, ci si ritroverà immedesimati, con timore, almeno in uno dei personaggi.

Lo stesso luogo / scena, buio, illuminato solo al fondo da una porta che trasmigra l’immaginario a quel fuori che non tutti i personaggi possono o riescono ad attraversare, è riempito di panche, tavole, letti di scuro legno che si spostano a seconda dello spazio interiore da rappresentare e riesce a trasferire nella platea l’odore di quel mondo di miserabili, vestiti di logori abiti, stracci, toppe.

Si parla di verità attraverso le parole del pellegrino Luka, un Massimo Popolizio con tanto di medaglia e bastone da cammino di Campostela, di onestà, più volte invocata nei canti melodiosi del Principe di colore - interpretato da Martin Chishimba- di amore, aleggiato nelle parole di Natal'ja, interpretata da Diamara Ferrero, o della pazza che poi tanto pazza non è.

La musica è un altro elemento di rilievo, che non commenta solamente o divide le scene, ma la si sente nascere dall’atmosfera dei personaggi, come quando la puttana cucina e tutti battono il piede a terra per accompagnarla in quel triste canto russo.

Giorgio Strehler con Salvo Randone e Lilla Brignone, nel maggio 1947, inaugurò il Piccolo Teatro di Milano con quest’opera di Maksim Gor’kij; scritta nel 1902 cambiò titolo varie volte, I bassifondi, Senza sole, Il dormitorio, Il fondo, Sul fondo della vita. Ma tutti erano pensati in un’unica direzione: raccontare di quel mondo di cui non si vuole raccontare, ma anzi nascondere e tacciare come una macchia dell’umanità.

Ma forse Gor’kij e il primo regista di quello che è un dramma, Stanislavskij, volevano proprio rappresentare l’abitudine alla finzione con la quale scorre la vita e dalla quale nessuno potrà uscire. Il pellegrino /Popolizio, il barbuto con saio, cerca di lenire i dolori di quel popolo di sofferenti, giungendo anche a dire e declamare delle menzogne, con ironia. Da saggio dice: “E che te ne fai della verità”

Anche se ovattato dall’ atmosfera tipicamente russa – drammatica del suo autore, L’albergo dei poveri scorre grazie alla regia del bravo Popolizio (interprete asciutto ed essenziale del saggio pellegrino) che ha diretto una ‘folla’ di altrettanto bravi attori (si percepisce formati da lui), tutti a loro modo significativi e ‘di peso’ all’interno della storia; e grazie anche alla scrittura di Emanuele Trevi, che ha saputo dare ai dialoghi ritmo e fluidità. Al baro Satin/Aldo Ottobrino è affidata la battuta finale, che commenta la tragica fine dell’artista. Resta sospesa una domanda: siamo noi, ancora oggi, quei derelitti?

L’ALBERGO DEI POVERI
uno spettacolo di Massimo Popolizio
tratto dall’opera di Maksim Gor’kij
drammaturgia Emanuele Trevi
con Massimo Popolizio
e con (in ordine alfabetico) Giovanni Battaglia, Gabriele Brunelli, Luca Carbone, Martin Chishimba, Giampiero Cicciò, Carolina Ellero, Raffaele Esposito, Diamara Ferrero, Francesco Giordano, Marco Mavaracchio, Michele Nani, Aldo Ottobrino, Silvia Pietta, Sandra Toffolatti, Zoe Zolferino 
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi

produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa








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