SPORTOPERA, IL GIOCO SACRO, con Riccardo Festa, a cura di Claudio di Palma e Vesuvioteatro

Al Cortile delle Carrozze, Palazzo Reale, – per Campania Teatro Festival il 1° luglio 2025, alle ore 21.

Servizio di Cinzia Capristo

Ad aprire la kermesse in un fuori programma, Claudio di Palma presenta il drammaturgo tedesco Albert Ostermaier che firma il testo di questo spettacolo-poema, definendolo un portiere perché sia lui che Pier Paolo Pasolini stanno sulla linea di porta, uno per i gol subiti, l’altro, Pasolini, per l’eterna adolescenza inseguita. Albert Ostermaier spiega che dovendo scrivere di calcio non aveva potuto rifarsi a Bertoit Brechet, suo idolo, perché non amava il calcio. Per questo motivo si è accostato a Pasolini. Aveva avuto modo di visionare “Reportage sul Dio“, tuttavia, voleva scrivere un testo che avesse a che fare non solo sul calcio, ma anche con l’amore e con l’omofobia. Nell’ambiente sportivo e nel mondo dello sport in genere, è ancora largamente diffuso un clima omofobico. Cita Albert Camus e il suo amore per il calcio come metafora per comprendere la vita.

Lo spettacolo inizia. Sul palco sono presenti una tv, che manda in onda pezzi di partite di calcio e di film di Pasolini, e sullo sfondo il volto di una tigre con sottoscritto la parola “AMORE” e bauli sparsi. Completano la scena i due protagonisti un bravissimo Riccardo Festa e Francesco Forni alla chitarra che canta parti di testo dello spettacolo. Come inizia a narrare Festa questa pièce è un atto d’amore verso il calcio, verso la vita, una preghiera verso gli ultimi “Dei” che sono i calciatori. Lo spettacolo viene diviso in parti con titoli di opere di Pasolini si inizia con “Lettere Luterane” facendo riferimento a Dacia Maraini e all’amore di Pasolini per il calcio giocato nelle borgate con i ragazzi di strada. 

Si fa riferimento a Dante e a come anche Pasolini come lui ha avuto il suo inferno. Giocando a calcio, corpi seppelliscono altri corpi così la morte diventa un fuori gioco, forse l’unica morte che avrebbe voluto Pasolini. Il “gioco sacro” è Messa dove i peccati non sono rimessi, ma puniti, si esce dal campo redenti. Uno spettro ampio che valeva la pena di restituire con una complessità e diversità di linguaggi, i piedi sono tutte le lingue del mondo. Il calcio come guerra, pace, convivio d’amore, chiesa dei poveri, e anche comunismo. La squadra è una nave e come Ulisse senza i suoi prodi marinai è Nessuno, anche la squadra senza i giocatori non esisterebbe. I giocatori sono Angeli come lo fu Gianni Rivera, Angeli che, come il Dio Giove, si possono trasformare in Cigni o Tori, ossia campioni, come Maradona.

La seconda parte prende spunto dal film di Pasolini del 1961 “Accattone” e se ne proiettano alcune scene, si parla di capitalismo, dei ragazzi di strada, del neorealismo, del giocatore desiderato da tutti e dell’orgasmo quando tira la palla, si cita il Decamerone di Boccaccio. Di quando in estasi i calciatori si abbracciano. Diventano nell’immaginario collettivo, modelli di comportamento da seguire. Juanito, uno qualunque, rinasce dalle borgate, magari sottobraccio a una diva come Sophia Loren. Si cita in ultimo, il film del 1969 “Porcile” di Pasolini e l’influenza negativa a volte che i genitori hanno sui figli.  Il testo scruta ambienti diversi di una società dove nuovi modelli si affacciano alla ribalta, ed ecco che personaggi come i calciatori diventano divini, nostri Dei, ci appartengono, ma appartengono soprattutto a chi li ha comprati. Sono sabbia del deserto, un Dio che non ha lati oscuri, leggende.

Il linguaggio della kermesse diventa canto religioso con Alleluia, scene, che non vogliono essere né antireligiose, né anticlericali, ma si prefiggono di far riflettere come in un momento puoi essere un Dio, ma in un attimo puoi non esserlo ed essere giudicato così come successe a Pasolini.

Riccardo Festa firma anche la regia di questo lavoro, complesso e articolato. La drammaturgia dello spettacolo è un omaggio ai saggi dell’intellettuale Pasolini. Tuttavia, il testo così come la regia convince solo in parte. Interessante incentrare il testo puntando sull’omofobia, tuttavia vi è troppa ridondanza nel testo e alcune scene appesantiscono la trama che a tratti sembra essere scollegata nelle due dimensioni principali tempo e spazio, rispetto al contesto narrato. I pezzi cantati sembrano quasi caricaturali di messe cantate americane che nulla hanno a che fare con la liturgia a cui fa riferimento Pasolini. Anche se lo spettacolo ha avuto l’intento di sottolineare alcune tensioni esistenti all’interno della società contemporanea e tra epoche storiche diverse, il tutto appare confusionario.

 

LIBERAMENTE TRATTO DA REPORTAGE SUL DIO DI PIER PAOLO PASOLINI

TESTO DI ALBERT OSTERMAIER

CON RICCARDO FESTA
MUSICHE ESEGUITE DAL VIVO FRANCESCO FORNI
REGIA RICCARDO FESTASEZIONE SPORTOPERA
A CURA DI CLAUDIO DI PALMA EVESUVIOTEATRO
ORGANIZZAZIONE DORA DE MARTINO E GEPPI LIGUORO
COORDINAMENTO ROBERTA VERDILE, GIANNI ROSSIELLO, EMMANUELE ESPOSITO
SEGRETARI DI PRODUZIONE MATTEO DE LUCA, VALENTINA CEPOLLARO
MARKETINGFRANCESCA LIGUORO
GRAFICA OPUSCOLO ELENA CEPOLLARO
SOCIAL MEDIA ROSA LO MONTE
FOTOGRAFIE ANNA ABET
IN COLLABORAZIONE CON ACCADEMIA BELLE ARTI DI NAPOLI
 

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