FRAGILI FILM – SOLO AGLI SPECCHI - PROGETTO RIC.CI – RECOSTRUCTION ITALIAN CONTEMPORARY CHOREOGRAPHY YEARS ‘80/’90

Al Teatro Nuovo di Napoli, il 27 giugno 2023, alle ore 20.00, prima assoluta, per il Campania Teatro Festival 2023.

Servizio di Daniela Ricci

Si apre il sipario. Sulla scena si presentano tre situazioni scenografiche che accendono subito la curiosità dello spettatore: sulla destra una struttura a tre specchi, sulla sinistra la riproduzione di un ambiente naturale con un albero, ai cui piedi, nella terra rossa, ci sono una spugna e un’arancia, e infine sullo sfondo un piano inclinato. Ci si aspetta qualcosa di interessante, dopotutto si tratta di un lavoro inserito in un eccezionale progetto sulla memoria della tradizione sul nuovo, il Progetto Ric.ci, acronimo di Reconstruction italian contemporary choreography anni ‘80/’90 ideato nel 2010 dalla critica, saggista e docente universitaria di teoria ed estetica della danza Marinella Guatterini, allo scopo di riportare sulle scene coreografie degli anni ‘80/’90 riallestendole in contesti attuali. Fragili film- Solo agli specchi è l’ultima delle dieci coreografie realizzate in quegli anni da coreografi di alto spessore come Enzo Cosimi, Virgilio Sieni, Abbondanza- Bertoni e tanti altri, scelte da Marinella Guatterini secondo criteri che riportassero alla luce quella che era la varietà linguistica del momento, ed è dunque a chiusura del progetto, documentato in un cofanetto perché ne restasse appunto traccia nella storia della danza contemporanea.

Realizzato alla fine degli anni ’80 da Marianna Troise, docente di discipline pittoriche e coreografa,con l’intento di creare una coreografia sui versi della poetessa Milli Graffi, dal cui libro prende il nome, Fragili film- solo agli specchi, viene riallestito in occasione del Campania Teatro Festival 2023 al Teatro Nuovo di Napoli per la sezione danza,in prima assoluta, dalla stessa Troise insieme alla danzatrice e coreografa Susanna Sastro,  con l’Interpretazione  di 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗔𝘃𝗼𝗹𝗶𝗼, 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮𝗽𝗶𝗮 𝗖𝗮𝗽𝗮𝘀𝘀𝗼, 𝗦𝗮𝗿𝗮 𝗙𝗼𝗴𝗹𝗶𝗮 e 𝗟𝘂𝗱𝗼𝘃𝗶𝗰𝗮 𝗭𝗼𝗶𝗻𝗮. Purtroppo, il lavoro coreografico (che di coreografico ha ben poco), delude ogni aspettativa. Dopo aver fatto ingresso sulla scena, una donna estrae un paio di forbici dalla tasca e taglia due bottoni dell’impermeabile che ha indosso. Si spoglia, toglie le scarpe e il cappello e si dirige verso gli specchi, dinanzi ai quali inizia a dimenarsi e a ciondolare tra uno specchio e l’altro talvolta baciandoli in una sorta di narcisismo ossessivo, mentre una voce fuori campo dice qualcosa che è risultata incomprensibile per via dell’audio pessimo (le uniche parole scandite bene erano croissant, croissant, croissant). Per un momento si è temuto che questo rimbalzare da uno specchio all’altro durasse per tutti i 50 minuti dello spettacolo e invece, fortunatamente, il sipario si è chiuso per lasciare spazio alla scena successiva: sul piano inclinato, prona su un lettino che vi scivola sopra lentamente con tanto di carrucola a vista, una fatina, o forse una sirenetta o forse un pesciolino, esegue movimenti natatori sui versi della poetessa Milli Graffi, questi ultimi “uccisi” dalla voce stridula e monocorde della narratrice, anche stavolta a tratti incomprensibili, e soprattutto fastidiosi. Nella terza e ultima scena, probabilmente la migliore sia per esecuzione e interpretazione dei pochi movimenti di danza presenti, sia per l’ascolto dei versi, un’indigena descrive il suo appartenere alla Madre-Terra, nascendo da essa, bevendone il succo e lavandosi con esso, plasmandosi con essa e infine morendovi tirando verso di sé e accogliendolo nel ventre, un lungo cordone ombelicale.  Peccato per la comparsa improvvisa durante questa scena di una luce verde dal centro del palcoscenico verso la quale l’indigena si dirige e con uno specchio se la riflette sul volto al ritmo regolare delle percussioni.  Sembrava che la sua unica funzione fosse di riempimento.

L’idea, innovativa e originale soprattutto per l’epoca in cui il lavoro è stato realizzato, è stata sviluppata senza tener conto di elementi tecnici fondamentali. Il primo riguarda la scelta di utilizzare parola, musica, danza e arti visive insieme. “(…) Al primo posto, credo, viene l’intelligibilità. Il suono che colpisce l’orecchio deve essere curato per evitare che risulti oscuro, smorzato, sforzato. Se una parola deve essere detta o cantata, è indispensabile che la si possa ascoltare senza fatica. Tutto ciò sembra ovvio e viene tuttavia spesso trascurato. Molte rappresentazioni si servono di un narratore fuori dal palcoscenico, munito di un microfono, e il regista lascia che venga inghiottito vivo dalla musica. Oppure voci acute e non educate spesso squittiscono in modo non udibile oltre la quinta fila. (…)” (Doris Humprhey, The art of making dances). Il secondo riguarda il fatto di dare per scontato che lo spettatore conoscesse le poesie di Milli Graffi. Sarebbe stato utile avere un’anteprima scritta dei versi, per esempio, così come il significato poco esplicito del messaggio che la coreografa avrebbe voluto comunicarci è lasciato all’ampia vastità dell’immaginazione di chi assiste, ottenendo un risultato di tutto o di niente.
Disastrosi infine gli inchini finali, senza ordine e compostezza, lasciati un po’ al caso, senza rispetto per le file, abbandonate talvolta con saltelli e ciondolamenti come se si stesse già nei camerini a ricevere gli invitati, uscite ed entrate senza un’organizzazione preesistente. Poco professionali da questo punto di vista. Mi viene da concludere citando una favola di Esopo, quella del lupo che suonava il flauto. Il lupo dice: “Ho voluto fare il musicista, quando invece sono nato per fare il lupo affamato”.

 

PROGETTO RIC.CI
RECONSTRUCTION ITALIAN CONTEMPORARY CHOREOGRAPHY ANNI OTTANTA-NOVANTA
IDEAZIONE E DIREZIONE ARTISTICA MARINELLA GUATTERINI
ORGANIZZAZIONE E COMUNICAZIONE SILVIA COGGIOLA

FRAGILI FILM / SOLO AGLI SPECCHI
REGIA E COREOGRAFIA MARIANNA TROISE
RIALLESTIMENTO A CURA DI MARIANNA TROISE E SUSANNA SASTRO
INTERPRETAZIONE MARIA AVOLIO, MARIAPIA CAPASSO, SARA FOGLIA, LUDOVICA ZOINA
COSTUMI CARLA COLARUSSO
MUSICHE ORIGINALI DI DANIELE SEPE
REALIZZAZIONE SCENE CIRO RUBINACCI
PRODUZIONE KÖRPER | CENTRO NAZIONALE DI PRODUZIONE DELLA DANZA
COPRODUZIONE CAMPANIA TEATRO FESTIVAL
IN COPRODUZIONE CON FONDAZIONE FABBRICA EUROPA PER LE ARTI CONTEMPORANEE / RAVENNA FESTIVAL / TORINODANZA FESTIVAL | TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE
IN COLLABORAZIONE CON AMAT – ASSOCIAZIONE MARCHIGIANA ATTIVITÀ TEATRALI / TEATRO PUBBLICO PUGLIESE – CONSORZIO REGIONALE PER LE ARTI E LA CULTURA / FONDAZIONE TOSCANA SPETTACOLO ONLUS
E IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE MILANO – CIVICA SCUOLA DI TEATRO “PAOLO GRASSI”

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