QUASI AMICI con Massimo Ghini e Paolo Ruffni, adattamento e regia di Alberto Ferrari
Al Teatro Politeama Pratese - Via G. Garibaldi 33/35, Prato – il 23 alle ore 21 e il 24 alle ore 16.00 marzo 2024.
Servizio di Cinzia Capristo
Al
Politeama di Prato è andata in scena la commedia “Quasi Amici” tratta dal film francese “Intouchables” di Eric Toledano e Olivier Nakache del 2011, tratto da una
storia vera. Il film dinamico e delicato, con un sottile humor, ha al suo
attivo una serie di remake e diversi premi. La commedia adattata e diretta da Alberto
Ferrari tralascia alcune situazioni e pur rimanendo fedele, nei canoni, alla
trama originale è sbilanciata verso una comicità portata alla estrema ratio.
Quando il
sipario si apre appare una scena scarna con una piattaforma a dislivello e
sullo sfondo un pannello dove viene proiettato un cielo plumbeo e in lontananza
appare un deltaplano in volo che si schianta a terra, il racconto inizia con questo
flashback.
La
colonna sonora in sottofondo, di Roberto Binetti, è di grande effetto e riverbera
l’aura di dolore che circonda la narrazione. A cadere è Philippe Pozzo di
Borgo, interpretato da un misurato ed elegante Massimo Ghini, che si
intravede sdraiato sulla piattaforma inclinata.
Le luci sul palco si spengono e
vengono dirette verso il pubblico, in controluce si scorge, alla fine del piano
inclinato, una sedia a rotelle, da questa scena in poi l’attore Ghini è immobile
su una carrozzina a interpretare Philippe, un ricco signore affascinante
e di grande cultura, che diventerà, a causa di questo incidente, tetraplegico.
Il palco si illumina nuovamente con luci dall’alto, a voler quasi presentare i
due attori principali che appaiono separatamente, mentre uno schermo velato si
staglia quasi a fine palco per dividere i mondi contrapposti dei due
protagonisti. Il tutto ambientato a Parigi nella versione cinematografica,
nella versione teatrale di Ferrari, in Italia, con tutti i richiami alla
cultura italiana.
Lo sfondo scenografico cambia e appare un palazzo signorile,
dimora di Philippe, che è in cerca di un badante. Tra i tanti aspiranti, referenziati
e ben vestiti, si presenta Driss Bassari, nel film un ragazzo di colore, qui interpretato
da Paolo Ruffini, personaggio cresciuto tra le difficoltà della
periferia, che entra ed esce dalla galera, ma dotato di una intelligenza viva. Egli
spiega di non essere in cerca di un lavoro, ma vuole soltanto ottenere un
documento che attesti la sua partecipazione al colloquio per continuare a ricevere
i benefici assistenziali per sé e la sua famiglia. Philippe rimane esterrefatto
dal comportamento del ragazzo e lo invita a presentarsi il mattino successivo,
ma quando Driss giunge a casa di Philippe, l’assistente Yvonne gli mostra la
casa e le mansioni da seguire. Philippe gli lancia una sfida: può scegliere, se
accettare la firma per l’assistenza sociale oppure lavorare per lui per un
periodo di prova, badare a qualcuno e vivere nel lusso.
Driss accetta e si informa
sulla malattia, sullo schermo appare un dettagliato scritto su cosa sia la
tetraplegia. Nei primi giorni, egli è restio a svolgere le mansioni di
assistenza a Philippe trattandolo con sufficienza e dimenticando che è tetraplegico e non può compiere alcuna azione.
Ben
presto tra Philippe e Driss, due persone appartenenti a condizioni socioeconomiche
e culturali completamente agli antipodi, inizia ad instaurarsi un rapporto
amichevole fatto di un confronto-scontro dove mettono a disposizione ognuno il
proprio bagaglio di vita, tra pregi e difetti, innescando una complicità che li
aiuterà a superare le rispettive paure. Driss riesce a far divertire Philippe
facendogli dimenticare i suoi problemi fisici, scherzando sulla sua disabilità con
frasi ironiche e facendogli rivivere emozioni ormai perdute, come fare una
passeggiata notturna o fumare cannabis. Nella vita di Philippe entra la leggerezza,
in cambio Driss ottiene equilibrio e pragmatismo. Contrari a questo rapporto i
parenti e amici di Philippe, pieni di pregiudizi, ma egli non se ne cura perché
Driss è l’unico che lo tratta come una persona e non come un malato, infatti in
una scena Driss dice: “io vedo Philippe non la carrozzina”. Sullo schermo
appaiono delle lancette di orologio per segnare lo scorrere del tempo e
l’evoluzione del rapporto tra i due protagonisti.
Driss
viene assunto definitivamente, e cadute ormai le difese, Philippe e Driss possono
svelarsi nei loro più intimi segreti. Sullo sfondo appare un cielo notturno con
una luna che sembra ricordare i versi della poesia di Gianni Rodari “La luna di
Kiev”: “chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è
la stessa o soltanto sua sorella” a ricordare che siamo tutti uguali e che
nessuno è esente dal dolore. Philippe rivela a Driss com’è diventato
tetraplegico e di aver perso sua moglie qualche anno prima a causa di un tumore,
e, non avendo avuto figli, di aver adottato una bambina di nome Elisa che ormai
adolescente, è nella fase tra ribellione e problemi d’amore. Driss racconta la
sua vita e di come ha sempre tentato di occuparsi di sé, della sorella e di suo
nipote, promessa che il padre gli ha strappato in procinto di morire.
I due si
scontrano sul piano culturale, Philippe recita i versi della poesia di Montale
dedicata alla moglie morta che gli ricorda il suo dolore per la perdita di sua
moglie, poi recita i versi di Macbeth di Shakespeare: “Spegniti, spegniti
breve candela! La vita non è che un’ombra in cammino; un povero attore che
s’agita e si pavoneggia per un’ora sulla scena e poi nessuno più l’ascolta”.
Philippe ama la musica classica, ascolta l’Estate e la Primavera di Vivaldi, “Aria
sulla Quarta corda” di Johann Sebastian Bach, e le opere di Puccini “La
fanciulla del West”, uno dei suoi compositori preferiti, ma Driss che trova questa
musica noiosa fa ascoltare a Philippe gli Earth Wind & Fire in
Boogie Wonderland, ma alla fine ormai contaminati, Philippe reciterà i versi dei
Deep Purple, mentre Driss istruito da Philippe nell’apprezzare la
pittura astratta, si cimenterà in quest’arte realizzando un dipinto di dubbio
interesse artistico, che Philippe riuscirà a vendere al fratello per diciassettemila
euro. Sullo sfondo la scena cambia nuovamente e appaiono le opere pittoriche
amate da Philippe, quadri di Piet Mondrian, Pablo Picasso, Kandinsky, Edward Hopper.
Driss a un certo punto dice: “da me certe cose non sono arrivate, ma la vita
va vissuta, va respirata”.
I due
riusciranno, malgrado tutto, a prendere un jet privato per andare a fare
parapendio e sullo sfondo della scena appaiono paesaggi di alta montagna. Ricominciare
a vivere pur nelle difficoltà. Ricambia la scena e appare uno sfondo rosso e i
due viaggiano in macchina ad alta velocità, quasi a voler ricordare l’inizio
del film da cui è tratta la pièce teatrale.
Philippe confida
a Driss che ha una relazione epistolare con una donna di nome Éléonore, Driss
lo incoraggia a incontrarla, ma Philippe teme di ricevere un rifiuto causato
dalla sua condizione fisica. Finalmente si decide ad incontrarla, ma all'appuntamento,
Philippe che si fa accompagnare da Yvonne, esce dal ristorante prima che ella entri.
Nel frattempo, Driss tenta di corteggiare l’assistente di Philippe, ma lei gli
rivela di essere lesbica.
Ad un
certo punto del loro legame Philippe comprende che è giunto il momento di
separarsi da Driss, perché se vuoi bene ad una persona devi anche lasciarla
andare. Il distacco non è facile, vengono cercati e assunti nuovi badanti, ma l’assenza
di empatia mette in crisi Philippe, tanto da indurre Yvonne, sua assistente, a
ricontattare Driss che ritorna e porta Philippe al mare. Una volta arrivati a
destinazione, Driss lo porta in un ristorante e mentre Philippe è convinto di
pranzare insieme a lui, Driss si allontana augurandogli buona fortuna, pochi istanti
dopo arriva Éléonore.
La pièce
termina, tra finzione e realtà come del resto il film. In entrambi i casi, sullo
sfondo vengono proiettate le immagini dei veri protagonisti della vicenda da
cui è stata tratta la storia narrata. Massimo Ghini e Paolo Ruffini fanno un ritratto
dei veri protagonisti raccontando la vita di Abdel Yasmin Sellou badante
e di Philippe Pozzo di Borgo il malato. Il vero Philippe si è risposato
ed è diventato padre di due bambine; Abdel ha invece fondato una propria
impresa ed è padre di tre bambini.
L’interpretazione
di Massimo Ghini è magistrale, pur rimanendo immobile sulla carrozzina, riesce
a comunicare con gli occhi e con la mimica facciale; una recitazione elegante
che tocca le diverse corde dell’animo umano e coglie a pieno tutte le sfumature
del personaggio, i momenti nostalgici, i momenti di leggerezza e quelli di
sconforto, come quando sogna di camminare. Paolo Ruffini, tra battute da
copione e improvvisazioni con la sua cadenza livornese, scatena ilarità e grandi
risate tra il pubblico, ma spesso sembra uscire dal personaggio per
interpretare “Paolo Ruffini comico”, pertanto il duo Ghini-Ruffini ne risulta
sbilanciato, ma anche gli altri personaggi del cast sembrano adombrati da una
comicità troppo preponderante.
La
scenografia di Roberto Crea è semplice, ma di effetto; con l’ausilio del
piano inclinato, riesce a racchiudere tutti i luoghi della storia grazie anche al
supporto video e alle bellissime immagini proiettate esemplificative del
racconto, che permettono di transitare da un luogo all’altro. Il gioco di luci
curato da Pietro Sperduti sembra voler fare da staglio alle varie scene,
come un ciak cinematografico, si accendono le luci sul pubblico e la scena sul
palco cambia.
La
disabilità in questa commedia viene sviscerata in modo silente, c’è, ma non
sembra essere colta, forse perché la disabilità sta negli occhi di guarda.
QUASI AMICI adattamento
e regia di
Alberto Ferrari
Assistente
alla regia
Cristiano Malacrino
Con Massimo
Ghini e Paolo Ruffini
e con Claudia Campolongo,
Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Giulia Sessich, Diego
Sebastian Misasi
Scene di Roberto Crea
Costumi
di Stefano
Giovani
Disegno
e luci di
Pietro Sperduti
Musiche
di Roberto
Binetti
Video di Robin studio
Produzione Enfi Teatro
Foto di scena Serena Pea
Altre foto di Silvia Tondelli
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