IL MALATO IMMAGINARIO di Molière, con Emilio Solfrizzi, adattamento e regia di Guglielmo Ferro

Al Teatro Politeama Pratese - Via G. Garibaldi 33/35, Prato – il 14 alle ore 21 e il 15 alle ore 16.00 gennaio 2023.

Servizio di Cinzia Capristo

Al Politeama di Prato il 14 e il 15 gennaio è andato in scena uno dei classici della commedia francese in tre atti scritto da Molière e riadattato, in due atti, per i 400 anni di questo drammaturgo, da Guglielmo Ferro che ne cura anche la regia. Argante, il protagonista, interpretato da un istrionico Emilio Solfrizzi, è un uomo che si sente solo e cerca di attirare l’attenzione dei suoi familiari sostenendo di essere malato non si sa bene di cosa; egli si crogiola dei suoi malanni tanto da sfuggire alla realtà che lo circonda, non  rendendosi conto che l’amore e l’attenzione che egli brama, non è corrisposto dalla sua seconda moglie che cerca in ogni modo, tramite un notaio di sua fiducia, di sottrargli il patrimonio, a scapito delle figlie avute dal precedente matrimonio. Il sipario si apre e al centro della scena appare una torre di tre piani con una scala a chiocciola, i ripiani della torre ricordano le antiche farmacie che tramandavano i principi curativi, dove si conservavano gelosamente erbe e piante medicinali con vasi e bottiglie di vari unguenti; l’ultimo piano adibito a libri e vari scritti, depositari della conoscenza medica, che Argante consulta per i suoi malanni. Argante è seduto a terra con dei fogli in mano mentre è intento a tenere la contabilità delle spese mediche. Egli è così preso dalle sue malattie che decide, per assicurarsi cure future, di dare in sposa sua figlia Angelica al nipote del dottor Purgone, figlio di un illustre medico, che studia anch’egli per diventare medico; tuttavia, la figlia è innamorata di un giovane di nome Cleante.

Quello che va in scena è un riadattamento ben riuscito della commedia di Molière, Ferro rifacendosi a vecchi sketch li adatta alla commedia primordiale, Argante che detta al notaio cosa scrivere sembra ricalcare un vecchio sketch di Totò e Peppino de Filippo, così quando Argante mette il berretto da notte e la vestaglia per incontrare colui che è destinato ad andare in sposo ad Angelica, ricorda molto Alberto Sordi nel Marchese del Grillo, così quando Argante pensa di essere sordo vi è un richiamo alla comicità dei film muti di Charlie Chaplin; tuttavia, nulla di tutto questo poteva essere rappresentato senza la bravura di un abile attore. Solfrizzi, essendo se stesso e non una copia di altri, ha dato prova di grande maestria con la sua mimica facciale, le sue intonazioni, i silenzi e le pause al momento giusto. Ha fatto di Argante un personaggio nuovo, poliedrico. Argante non è più l’Argante di Molière, infatti a un certo punto della commedia viene citato, come colui che prende in giro la medicina, ma è l’Argante di una commedia che non conosce confini di spazio temporale, moderno. Ilarità e leggerezza fanno di questo spettacolo un’arma vincente. Una brava Lisa Galantini che impersona Tonina la serva di Argante, che più che serva si comporta da padrona, si è mossa con scioltezza e in perfetta sintonia con Solfrizzi. Tonina escogita piani affinché l’invisibile diventi visibile agli occhi del suo padrone.

Ad un certo punto dello spettacolo la realtà invade la finzione, quando Argante sta per sdraiarsi fingendosi morto, su suggerimento di Tonina, per far cadere la maschera dell’ipocrisia della sua seconda moglie paragonata alla moglie di Agamennone che prima lo imbroglia e poi lo uccide, irrompono i rintocchi del campanile del Duomo di Prato poco distante; un divertito Solfrizzi interrompe la scena dicendo: “questo è un segno”! Aspettando la fine dei rintocchi il pubblico divertito applaude, mentre Tonina e Argante riprendono i loro ruoli con dinamismo come solo due grandi artisti sanno fare. Nella scena finale tutto sembra risolversi per il meglio, Tonina ha dimostrato al suo padrone, non solo che la moglie era interessata al suo patrimonio e non lo amava, ma che Angelica sua figlia, sapendolo morto, era disposta a farsi suora rinunciando all’amore di Cleante.  

L’ultima scena vede calare dall’alto due altalene da ambo i lati, dove sono seduti da una parte tre marionette raffiguranti tre figure di uomini che rappresentano i medici che attorniavano Argante, dall’altra tre pupazzi con tre figure femminili a rappresentare le donne della sua vita, sua moglie e le sue figlie. A questo punto non resta che raccontare la storia di un paziente dove non è la malattia ad essere immaginaria, ma la salute e dove l’unica soluzione possibile è diventare medico di se stesso.  La commedia si chiude con una scena già vista inizialmente dove Argante, unico protagonista rimasto sulla scena, dice: “mi lasciano sempre solo”.

Il sipario si chiude e un pubblico divertito e appagato, hic et nunc, applaude con grande entusiasmo Solfrizzi, Lisa Galante e l’intera compagnia.  

 

IL MALATO IMMAGINARIO di MOLIÈRE

Con EMILIO SOLFRIZZI, Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Basile, Viviana Altieri, Cristiano Dessì, Luca Massaro, Cecilia D’Amico e Rosario Coppolino
Adattamento e Regia: Guglielmo Ferro

Produzione: Compagnia Moliere La Contrada – Teatro Stabile di Trieste in collaborazione con Teatro Quirino – Vittorio Gassman

 

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