BATTITI PER LA LIBERTÀ le risposte del Campania Teatro Festival
Servizio di Rita Felerico
Da segnalare : Orpheus Groove al
Politeama il 19 ottobre, spettacolo coprodotto con l’archipel de Thau di
Francia, la collaborazione con il Campania Libri Festival, lo spettacolo
con giovani attori detenuti dell’Istituto Penale per i Minorenni di Airola, il
convegno dedicato a Giordano Bruno che culminerà con un evento alla
scoperta dei luoghi storici e nascosti
del patrimonio teatrale ( con Claudio
di Palma e Isa Danieli) e i laboratori con Claudio di Palma e
Christian Leperino presso la chiesa della Misericordiella.
Il prezzo dei ticket è
come sempre popolare (8 e 5 euro), ingresso gratuito per le fasce deboli e come
sempre la Fondazione Campania dei Festival lega la sua attività al sistema
eco-digitale e alla cooperazione con gli Istituti di Cultura, l’Università e la
Rai. (dato l’articolato programma, si consiglia di leggere l’allegato
comunicato stampa, di volta in volta si commenteranno gli spettacoli).
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INTERNAZIONALI
Otto gli attesissimi spettacoli
internazionali, con grandi nomi del panorama teatrale che faranno tappa a
Napoli: Bob Wilson, Jan Fabre, Euripides Laskaridis, Nat Randall e Anna
Breckon, Patrick Blenkarn e Milton Lim, Luciano Rosso, il “nostro” Antonio
Latella con Maria Kallimani e una giovane e talentuosa Compagnia greca.
Il geniale regista americano Bob Wilson proporrà il
suo “Ubu” il 12 ottobre (con due repliche il giorno successivo),
nello spazio del Galoppatoio della Reggia di Portici. L’opera
naturalmente si ispira al famosissimo testo che Alfred Jarry scrisse nel
1896. Una critica contro la guerra e il totalitarismo che presenta ancora oggi
elementi di preoccupante modernità. Nell’affascinante messa in scena di Wilson,
che nasce dallo stretto legame con le ricerche e le creazioni di Joan Mirò intorno
all’universo di Ubu Roi, il tiranno ritorna sotto l’ombrello dei paradossi e
delle attuali disuguaglianze. Con Mona Belizán, Biel Morro, Marina Nicolau,
Alejandro Navarro, Joan Maria Pascual, Sandrine Penda, Joana Peralta, Sienna
Vila & Alba Vinton. Il cast- come scrive nelle note il co-regista Carlo
Chemin- è però considerato come un insieme, dove la nozione di personaggio
sfuma. “È tutta una recita ed è tutta danza. Utilizzando il montaggio di
testi e movimenti come un collage dinamico, con mezzi diversi come burattini,
striscioni, animali, danze grottesche e voci registrate, costruiamo una
costellazione di sequenze che consentono al pubblico la libertà di interpretare
e costruire la propria prospettiva su questa rappresentazione ridicola del
potere e della barbarie”. Lo spettacolo è stato commissionato come momento
finale della mostra “Personae. Maschere contro la barbarie”, ispirata
alla fascinazione di Joan Mirò per l’opera di Jarry, curata e presentata da Imma
Prieto all'Es Baluard Museo d’Arte Contemporanea di Palma di Maiorca. Bob
Wilson il 12 ottobre, giorno del debutto di “Ubu”, incontrerà il pubblico del
Festival prima dello spettacolo alla Reggia di Portici. Un appuntamento da non
perdere.
Sono due, invece, gli spettacoli che il talentuoso e sempre
originale regista belga Jan Fabre propone al Festival, entrambi nella Sala
Assoli di Napoli. Una protesta contro la realtà e le sue leggi, contro i
fatti e il loro conformismo. Questo, e non solo questo, è “I am a mistake”,
letteralmente sono un errore, il testo di Jan Fabre che va in scena con
la sua regia il 12 e il 13 novembre. Scritto da Fabre nel 1988, e
dedicato non a caso al sovversivo cineasta Luis Bunuel e ad Antonin
Artaud, il lavoro teatrale è una professione di fede da parte dell’artista,
una schietta confessione, un mantra che ripete e divide. “Io sono un errore
Perché non appartengo a una razza/Io sono un errore Perché sono un movimento
solitario/Io sono un errore Perché sono ancora curioso/Io sono un errore Perché
sono l’acerrimo nemico di me stesso”. Questo l’incipit di un monologo per
fumatore incallito, come lo definì lo stesso Fabre, che invitò a partecipare
alla creazione il compositore tedesco Wolfgang Rihm. Protagonista dello
spettacolo è Irene Urciuoli.
Il 10 dicembre (con
replica l’11) approda a Napoli “I am sorry”, con Stella Hottler,
che avevamo già apprezzato nel Campania Teatro del 2020. In questo caso la
bravissima performer tedesca interpreta un personaggio perso e confuso, in un
mondo che cambia. Si scusa per tutto, per come appare, per come si comporta,
per quello che dice. Si incammina sulla strada dell’autocensura, mentre crede
fermamente che invece il percorso giusto sarebbe quello di impegnarci in
discussioni, scambiare idee o semplicemente parlare tra di noi. Quando una
società si rifiuta di ascoltare le opinioni dissenzienti, finisce con
l’indebolirsi e non rafforza le proprie argomentazioni. Il dialogo, si chiede e
ci chiede Fabre, non è forse la base della democrazia?
Una donna affascinante, in Italia il ruolo è affidato ad Euridice
Axen, recita la stessa breve scena per 100 volte con altrettanti attori non
professionisti per 24 ore di fila. È questo il particolarissimo schema
drammaturgico di “Second woman”, lo spettacolo di Nat Randall e Anna
Breckon che il Campania Festival propone dal 14 al 15 dicembre al Teatro
di Corte di Palazzo Reale. Ispirato a “Opening night”, il famoso
film di John Cassavetes del 1977, questo singolare esperimento teatrale
esplora, anche attraverso un uso sapiente del video dal vivo, le regole
comportamentali di genere e le dinamiche di potere. La trama è semplice:
Virginia attende in una stanza la visita di Marty, con il quale in precedenza
ha litigato. Lui arriva, si scusa per la sua reazione precedente, bevono un
drink, lei gli chiede rassicurazioni, ballano. Lui se ne va, lei riordina,
resetta la musica, si siede ad aspettare il prossimo ragazzo. Co-produzione
della Fondazione Campania dei Festival.
Un’altra maratona teatrale che va vissuta fino in fondo è “Asses
Masses”, co-creazione di Patrick Blenkarn e Milton Lim, con la
drammaturgia di Laurel Green, che si potrà vedere il 17 novembre
alla Sala Pasolini di Salerno. Asses Masses è un videogioco
progettato per essere giocato interamente dal pubblico dal vivo, una persona
alla volta. Un'opera immersiva e originalissima. La storia epica, della durata
di oltre 7 ore, di un branco di asini disoccupati, che cercano di riottenere le
proprie mansioni sostituite dall’automazione. Spettatori coraggiosi si
alternano alla guida della mandria, per scoprire la differenza, in una società
post-industriale, tra il lavoro che ci determina e il gioco che ci libera. I
canadesi Patrick Blenkam e Milton Lim sono artisti concettuali che si fanno
domande sull’attuale valore sociale dell’arte, regalandoci un’opera sfrontata e
politica. Una sorta di “La fattoria degli animali” che incontra “Pokemon”
e “Final Fantasy”.
Lo avevamo conosciuto e apprezzato nel 2018 in “Un poyo
rojo”. Lo ritroviamo con piacere al Festival in “Apocalipsync”, in
programma il 19 e il 20 ottobre al teatro Nuovo di Napoli. È Luciano
Rosso, talentuoso performer argentino che ci accompagnerà questa volta in
un viaggio sbalorditivo e divertente sui molteplici modi per evitare la noia.
Nato nel 2020, durante la pandemia, lo spettacolo di Luciano Rosso e Maria
Saccone ci offre una riflessione sull’isolamento e la creatività,
mostrandoci un uomo immerso in un mondo che limita la sua libertà, che
attraversa una crisi esistenziale, al termine della quale ritroverà se stesso.
Con grande autoironia e momenti di pura comicità, tra trasformismi, lipsync,
clownerie e danza, “Apocalipsync” è il cammino che il protagonista
percorre per trovare la propria natura più pura, per dare un senso alla propria
vita. La regia è di Luciano Rosso, Maria Saccone e Hermes Gaido.
“The Glass Menagerie”, ossia “Lo zoo di vetro”, di Tennessee
Williams è il capolavoro teatrale che Antonio Latella ha scelto per
il suo primo lavoro in Grecia, nato grazie all’incontro con la famosa attrice Maria
Kallimani e una Compagnia di giovani e talentuosi attori. Lo
presenta al pubblico napoletano il 17 ottobre al teatro Nuovo. La
famiglia come Nazione, la memoria storica e individuale, il tema della
trasparenza che diventa quello della ricerca. Sono questi gli elementi
fondanti, come spiega Latella nelle note di regia, di un emozionante testo. ”
Guardare attraverso il vetro. Guardare attraverso le emozioni dell’anima.
Togliere le impurità del vivere e cercare un’ “assoluta” perfezione, anche se
sappiamo bene che così non si può vivere, come ne sono consapevoli tutti i
protagonisti di questa nostra grande storia. Allora perché ricordare? Perché
raccontare la storia della propria famiglia al grande pubblico, perché far
diventare una questione privata una questione pubblica? Forse esiste una
risposta, ma credo che questa risposta vada cercata nella vita privata di
Williams stesso. Un autore che chiede a
tutti noi di allontanarci dal realismo e provare a rivisitare questa storia
attraverso gli occhi della mente, andare oltre ciò che si vede per provare a
vedere nell’oscurità”.
Un arazzo poetico e immaginifico. Così si annuncia “Titans”,
l’originale mix di performance, danza, circo contemporaneo e arti visive nato
dal genio creativo di Euripides Laskaridis, in programma al Festival in
data e luogo da stabilire. In un vuoto indefinito, un essere cosmico dal genere
non specificato si dondola dolcemente su un’altalena. Fronte larga, ventre
gravido, forse per un bambino o forse soltanto di idee. Onnipotente e sempre
presente, da prima dell’inizio di tutto. Immortale e irrequieto. Sempre
bisognoso di un compagno: una presenza impercettibile, una figura-ombra che
scivola nell’oscurità circostante per far girare questo particolare cosmo.
L’artista greco, tra i più importanti coreografi del panorama internazionale,
crea in questo lavoro un nuovo mondo accattivante ed enigmatico, e ci conduce
per mano in un viaggio alla scoperta dei nostri desideri ancestrali. In un
luogo dove la magia dell’ideale si scontra con la crudezza del reale,
svelandoci come in un sogno le nostre fragilità e i nostri limiti. Con Euripides
Laskaridis, che cura anche la regia, e Dimitris Matsoukas.
PROSA NAZIONALE
Il Festival partirà il 21 settembre (replica il giorno
dopo) al teatro Mercadante di Napoli con “La prima luce di Neruda”,
la trasposizione teatrale del famoso romanzo di Ruggero Cappuccio. Lo
spettacolo, coprodotto dalla Fondazione Campania dei Festival e
dal Teatro dell’Elfo di Milano, porta in scena, con la regia di César
Brie, due stagioni della vita del famoso poeta cileno: quella dell’amore,
delle speranze e di un mondo che si trasforma, ma anche la stagione del buio,
della violenza e della morte. Una storia soprattutto di libertà. La invocano
alla stazione di Roma grandi intellettuali italiani (Morante, Moravia,
Guttuso, Levi), che si oppongono al decreto di espulsione che vuole Neruda
estradato in Svizzera; la cerca una donna, Matilde Urrutia, che
osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. Il plot narrativo
viaggia tra presente, passato e futuro, tra l’isola di Capri, dove i due amanti
danno profondità e luce a una passione segreta, e il Cile del golpe di
Pinochet, teatro di una sanguinaria dittatura. “Il potere non perdona la
capacità di essere liberi”, scrive Cappuccio. In scena Cristina Crippa, Elio
De Capitani, Silvia Ferretti, Umberto Terruso e Francesca Breschi, che
incalzerà e cullerà con la musica e il suo canto dal vivo la sensualità dei
corpi.
Nello stesso spazio di piazza Municipio si potrà assistere il
26 settembre a “Il medico dei maiali”, testo e regia di Davide
Sacco, con Luca Bizzarri, Francesco Montanari, David Sebasti e Mauro
Marino. Un intelligente gioco teatrale sulla monarchia, dove la raffinata
strategia di un veterinario, coinvolto per caso nella constatazione del decesso
regale, diventa il pretesto per indagare sulle trasformazioni che genera il
potere e sulla natura ferina dell’uomo. “Quando le certezze cadono, quando
muoiono i padri e crollano le torri, l’essere umano si mostra sempre per quello
che è: una bestia, una bestia pronta a essere un uomo”, scrive Sacco nelle note
di regia. Il testo, vincitore del Premio Nuove Sensibilità 2022, è il
terzo capitolo della trilogia “La ballata degli uomini bestia” di Davide
Sacco (Caracò Editore), che comprende “L'uomo più crudele del mondo” e “Sesto
potere”.
Un lavoro di indagine ricco di spunti di riflessione è anche
quello nel teatro fisico, alla ricerca di gesti che raccontino il nostro
presente. La storica Compagnia dei Gordi, prodotta dal Franco Parenti
di Milano, porta al Mercadante il 28 settembre “Note a
margine”, per la regia di Riccardo Pippa. Le premesse di un’ultima
tragica commedia, quella del rituale funebre, si infrangono contro l’impaccio
della materia, la verità del corpo, le diverse sensibilità e gli imprevisti
della vita. La nota a margine, un appunto che trova spazio sui bordi o alla
fine di un testo impaginato, viene qui intesa come ogni gesto dedicato a chi se
n’è andato, ma è anche rompere più o meno volontariamente la linearità di una
cerimonia; è ogni nostra smarginatura, o sconfinamento, dovuta all’irrompere
delle emozioni o a quella sensazione tutta umana di essere parte di una storia
che ci precede e che non finisce con noi.
Cosa avrebbero detto Giorgio Gaber e Fabrizio De
Andrè di questo nostro tempo presente? Quante nuove canzoni ci avrebbero
regalato per aiutarci a comprendere meglio, sul filo dell’ironia e della
poesia, una realtà che sembra esserci sfuggita di mano? Un omaggio a due grandi
cantautori italiani, ma sappiamo bene che è riduttivo definirli tali, è “Tra
Gaber e Faber”, lo spettacolo che Neri Marcorè propone il 1°
novembre al Mercadante. Un viaggio emozionante, dove, tra capolavori
intramontabili, monologhi e poesia in musica, Marcorè dimostra, con passione e
rispetto, che il genio è sempre profetico. E riesce a parlarci oggi, a distanza
di 21 e 25 anni dalla scomparsa di Gaber e Faber, di temi come la necessità di
confronto e la libertà, anche di amare chi si voglia. Tanto, certo, avrebbero
potuto ancora raccontarci, tanto ci hanno lasciato in eredità di pensiero. Con Marcorè in scena un’inedita band composta
da sei talentuosi musicisti (Anais Drago, Fabrizio Guarino, Domenico
Mariorenzi, Alessandro Patti, Simone Talone e Alessandro Tomei). Co-produzione
della Fondazione Campania dei Festival.
Il ritratto di uno degli scrittori più importanti del nostro
tempo, morto suicida nel gennaio del 2022, rivive il 3 novembre al Mercadante
in “La notte di Vitaliano Trevisan”, una drammaturgia di Jacopo
Squizzato con la mise en éspace di Andrea Baracco. I talenti
attoriali, tra i quali quello di Massimiliano Gallo, incrociano il
talento letterario di Trevisan e, attraverso un montaggio incrociato di alcune
delle sue opere più famose (I quindicimila passi, Tristissimi giardini,
Standards, Back tulips, Works) danno corpo e voce a un racconto di
appassionata intensità emotiva.
Presenti nella stagione del Teatro di Napoli, e in
collaborazione con la Fondazione Campania dei Festival, vanno segnalati altri
tre spettacoli. Dal 25 ottobre al 3 novembre va in scena al Ridotto
del Mercadante “Controimmagini”, l’omaggio che Michelangelo Dalisi
dedica a Joseph Beuys, artista sciamano per eccellenza. Accostando
immagini, azioni e frasi iconiche dell’inimitabile genio tedesco, si squarciano
riflessioni sul mercato dell’arte, sul politicamente corretto, sulle etichette
e su temi di stringente attualità. Aprendo a una visione olistica della realtà
in cui nulla è più separato: società, natura, politica, economia, vita, tutto
diventa opera d’arte. Con Michelangelo Dalisi, che cura anche la regia,
e Marco Cacciola.
Non meno intenso, ma per motivi diversi, è “Laguna Cafè”,
lo spettacolo di Giuseppe Affinito, con la regia di Benedetto Sicca,
in programma dal 28 novembre all’8 dicembre sempre al Ridotto. In
uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione, due uomini si ritrovano dopo
anni per affrontare ricordi e rimpianti. Compiono un viaggio emotivo che
esplora l’amore e le relazioni e che li condurrà fino al compimento
ineluttabile del loro destino. Un incontro che mette a nudo la vulnerabilità
umana, l’inadeguatezza dei sentimenti e la ricerca di una verità
condivisa. In scena Giuseppe Affinito e Gianluca Merolli.
Il 4 dicembre al Mercadante c’è poi l’atteso “Macbeth”
di William Shakespeare, per la regia di Jacopo Gassmann, con Roberto
Latini, Lucrezia Guidone, Nicola Pannelli e Olga Rossi. “Macbeth - come
scrive Gassmann nelle note di regia - è il lungo viaggio di un uomo alle radici
del male. O meglio ancora, il progressivo inabissamento di una coscienza nel
vasto e inesplorato territorio del rimosso. Una lunga giornata che procede inesorabilmente
verso la notte, una notte in cui tutto va storto, in cui l’ordine delle cose è
rovesciato e la natura stessa viene ferita e violentata”. Attraverso un
percorso a ritroso, che trasforma lentamente un guerriero all’apice della
virilità in “un bambino sperduto con i capelli bianchi”. Co-produzione della
Fondazione Campania dei Festival con il Teatro di Napoli.
E a conferma di una virtuosa sinergia con il Teatro di
Napoli, il Campania Teatro Festival ospita anche “Noccioline”,
il testo di Fausto Paravidino con cui si è concluso il triennio della Scuola
per attori diretta da Renato Carpentieri. Lo spettacolo si
potrà vedere dal 4 al 6 ottobre al teatro San Ferdinando di Napoli. Ventitré sequenze: ognuna ha un titolo
che, con pungente ironia, collega ciò che accade in scena al mondo. Nella prima
parte un gruppo di adolescenti passa dai giochi a confrontarsi con il presente,
tra chiacchiere e piccoli soprusi. Nella seconda parte precipitiamo in una
realtà possibile, in cui il gruppo si è separato in vittime e carnefici. “Noccioline
è un testo politico e allo stesso tempo commedia divertente” afferma
Carpentieri, che cura la regia dello spettacolo: “nasce all’indomani dei fatti
del G8 di Genova. Una fortuna per giovani attrici e attori appena diplomati,
per i quali vale ancora quello che dice l’autore: percepire la tragedia non
vuol dire diventare migliori, ma volerlo sì”.
Particolarmente interessanti sono anche le 6 proposte del Campania
Teatro Festival 2024 al teatro Sannazaro di Napoli.
Il 24 settembre si potrà assistere a “Ternitti”, la
trasposizione teatrale del bellissimo romanzo del premio Strega Mario
Desiati realizzata da Giusy Frallonardo e Paolo Russo. Una storia di
emigrazione, sofferenza, ma anche amore e riscatto. Quello di Mimì, operaia
cinquantenne, che, attraverso un dialogo con la figlia Arianna e la sua amica
Teresa, traccia le linee della sua esistenza e fa rivivere sulla scena, con una
narrazione di libertà che diventa impegno civile, il viaggio della sua famiglia
in cerca di fortuna in Svizzera e il ritorno in Puglia, con maggiore
consapevolezza e con la stessa voglia di lottare contro le ingiustizie.
“Ternitti” è il nome che i salentini davano all’eternit, una promessa di
ricchezza che si trasformò ben presto in dolore e morti per amianto. In scena
con Giusy Frallonardo ci sono Magda Marrone e Maria Giacquinto,
che nel doppio ruolo di attrice e cantante connette il piano narrativo a quello
musicale dei Radicanto. La regia è di Enrico Romita.
“La denuncia”, scritto e diretto da Ivan
Cotroneo, è invece la storia di una ragazza diciassettenne e della sua
professoressa di italiano. Il plot si fonda su due versioni contrastanti, quasi
un giallo, nel quale ogni dettaglio può essere essenziale. Lo spettacolo, in
programma il 26 settembre nello spazio di via Chiaia, affronta i temi
del consenso, del rispetto e del ricatto emotivo in un rapporto che contiene
naturalmente in sé gli elementi della seduzione intellettuale. Una sfida
dialettica e di visioni del mondo tra due donne in due età diverse della vita,
che si rivelano, solo alla fine, più vicine di quanto si potrebbe
immaginare. Le due protagoniste sono Marta
Pizzigallo ed Elisabetta Mirra.
“Leviatano” di Riccardo Tabilio, con Giulio
Forges Davanzati, Alessia Sorbello e Andrea Trovato, è la proposta del 2
ottobre. Lo spettacolo, profondamente radicato negli anni 90, decennio del
grunge, neo punk e breat pop, nasce dall’immaginario dell’adolescenza dei
protagonisti e approda, attraverso esperienze di vita vissuta e notizie di
stampa incredibilmente vere, a un’indagine sulle infinite risorse della
stupidità umana. Come dimostra in maniera chiara la storia di McArthur Wheeler,
il rapinatore che assaltò due banche convinto che il succo di limone lo
rendesse invisibile e finì col diventare soggetto di analisi per due studiosi
di psicologia sociale. Nello stesso modo in cui il romanzo di Paul Auster,
a cui “Leviatano” deve il titolo, ricerca attraverso la vicenda di un uomo solo
tra le rovine dell’America post-industriale la filigrana del mondo
contemporaneo, così il testo di Tabilio parte dall’episodio di cronaca che ha
consegnato al mondo l’archetipo mitologico degli stolti per affondare lo
sguardo nelle origini e nelle interpretazioni di quella stupidità che
rappresenta da sempre il potente motore della Storia.
Quali sogni aveva negli occhi e nel cuore il giovane Marco
Polo? Un monologo di Ettore Bassi, con un delicato accompagnamento
di fisarmonica del Maestro Attilio Galizia, prova a rispondere a questa
domanda il 3 ottobre sempre al Sannazaro. Prodotto nel
settecentesimo anniversario della scomparsa del grande esploratore veneziano,
morto l’8 gennaio 1324 all’età di 70 anni, lo spettacolo “Marco, un giovane
sognatore”, esclusiva di Vivere d’Arte Eventi, prova a indagare sulle
esperienze più profonde dell’autore de “Il Milione”: come viveva le
attese del ritorno, le emozioni delle scoperte, la lontananza dalla sua
Venezia, i nuovi costumi e le abitudini di popoli così diversi da lui? Un
viaggio straordinario sulle rotte dell’anima di un personaggio e del suo
capolavoro letterario.
Il tema dell’incomunicabilità tra artista e pubblico è il
motore portante di “Nina Zarecnaya-personaggio immaginario”, testo e
regia di Mauro Santopietro, che va in scena il 5 o il 6
ottobre. Ripercorrendo la trama del “Gabbiano” di Cechov, ci si
accorge di quanto sia dilaniante e grottesca, ma anche attuale, la figura di
Nina: una giovane ragazza che spende la sua esistenza alla rincorsa del sogno
di diventare attrice, per poi concludere rovinosamente la carriera in un
piccolo teatro di provincia. La pièce diventa così un modo per indagare su
quello che lega oggi l’arte al mondo reale, sapendo bene che la vita non sempre
riserba un lieto fine e che l’essere apprezzati ed accettati dagli altri è
l’unico modo per trovare la felicità. Con Daniela Giordano, Luigi Diberti,
Laura Mazzi e Sonia Barbadoro.
Paola Minaccioni presta, invece, corpo e voce alla
figura di Elena Di Porto in “Elena, la matta di piazza Giudìa”, monologo
di Elisabetta Fiorito, con la regia di Giancarlo Nicoletti, e
musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi, l’appuntamento dell’11
dicembre al teatro Sannazaro. Il 16 ottobre 1943 le SS naziste
rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000
ebrei. Fra questi c’è anche Elena, che fino alla sera prima ha provato ad
avvertire del pericolo imminente. Nessuno, però, le ha creduto, perché lei è la
“pazza” del quartiere ebraico, “la matta di piazza Giudìa”. A ottant’anni da
quella tragica pagina di storia, lo spettacolo è un emozionante viaggio
nell’Italia della Seconda guerra mondiale, delle leggi razziali, della paura,
ma anche della speranza e della solidarietà. Una straordinaria prova d’attrice,
fra dramma e comicità, di una delle più apprezzate interpreti del panorama
nazionale. Il lavoro teatrale è liberamente tratto dal saggio storico di Gaetano
Petraglia “La Matta di Piazza Giudìa”, edito dalla Giuntina.
Il Festival farà tappa, come è tradizione, anche al teatro
Nuovo, dove, oltre allo spettacolo internazionale diretto da Antonio
Latella, sono previsti 4 appuntamenti.
Il 9 ottobre va in scena “Aldilà”, un progetto
di e con Alessandro Mor, Maria Grazia Solano e Marina Sorrenti, autrice
del testo. Legati dalla comune esperienza al Piccolo Teatro di Milano
diretto da Giorgio Strehler, i tre attori lavorano su un terreno che
conoscono bene, dove hanno mosso i primi passi teatrali: la drammaturgia di Anton
Pavlov Cechov. Ne è nato così un testo sulla vita, la morte, il teatro e
l’amore, nel quale i personaggi attraversano l’opera del genio cecoviano e ne
sono attraversati, mentre le loro esistenze si intrecciano in drammi amorosi e
vicende ironiche e surreali. La vita e la morte convivono senza separazione,
come un flusso continuo che li muove, li smuove e li rende eterni, nella
scoperta che il confine tra la loro esistenza e l’agire teatrale è impalpabile
e che il mistero della vita e della non vita è tale solo nell’immaginazione. La
regia è dei tre protagonisti.
Due giorni dopo, l’11 ottobre, il Campania Teatro
Festival propone “PAPàVERI-Sempre in piedi” di e con Rossella
Pugliese, monologo originale e tragicomico che, a chiusura di una trilogia
sui rapporti parentali iniziata con “Rusina” e proseguita con “Ultimo strip”,
indaga sul rapporto difficile tra un padre e un figlio. Felice Mondo, su cui
grava un nome e un cognome che sembrano farsi beffa di lui, è una personalità
non risolta. La sua storia e quella del padre Giuseppe aprono interrogativi
sulla totale incomprensione generazionale e sui legami di sangue, non più la forza
che unisce ma il mostro contro il quale si lotta tutta la vita. Fino a
diventare quasi un gioco perverso, in cui si cade e ci si rialza. Un misirizzi,
il balocco di una volta con cui giocavano i bambini, capace, nonostante le
continue percosse, di tornare sempre in piedi.
Il 13 ottobre va in scena, invece, “Acquario”
di Dario Postiglione, una delle due sezioni del dittico EternautI,
testo teatrale vincitore del premio InediTO - Colline di Torino 2024. Da
qualche parte sul pianeta Terra, nella periferia depressa di una città
costiera. L’Onda è forse solo una voce che si propaga, una psicosi collettiva
che cresce e sembra sempre a un passo dall’accadere. Una ragazza ferma ad
aspettare qualcosa, a bordo vasca di un delfinario in stato di
abbandono. Una donna che vuole andarsene a ogni costo, invischiata
nell’inferno di un call center. Un custode sordomuto che si aggira per il parco
fatiscente e si cura degli animali lasciati lì a morire. E Miele, il delfino più
solo al mondo, che manda enigmatici richiami dalla vasca. Un sogno, che forse
non è solo un sogno, conduce tutti nelle profondità di un pozzo carsico, dove
le cose precipitano senza rumore. La regia è di Giuseppe Maria Martino.
Con Giulia Acquasana, Giampiero De Concilio e Simona Fredella.
Un progetto del collettivo BEstand.
Nove giorni dopo, il 22 ottobre, nello stesso spazio
di via Montecalvario, si potrà vedere “Il principe dei sogni belli”, con
Noemi Francesca e Riccardo Festa, per la regia di Pierpaolo
Sepe. Il testo di Tobia Rossi, drammaturgo, sceneggiatore e story
editor, è una favola amara che parla di crescita e cura, di paura e
responsabilità, di padri e di figli. Il racconto di un pomeriggio
incandescente, di una proposta senza il carattere dell’indecenza, che procede a
spirale fino a stringersi sul concetto di menzogna, inossidabile caposaldo
della nostra educazione e identità. Produzione La Fabbrica dell’Attore.
La musica di grandi artisti, da Giovanni Lindo Ferretti
ai Depeche Mode, si mescola alle parole più antiche e universali del
mondo in “Ismene” del poeta greco Ghiannis Ritsos, l’“opera rock”
in programma il 12 ottobre alla Galleria Toledo di Napoli.
Interpretata da Flavia Pezzo, che sarà in scena con Massimo
Bevilacqua, la protagonista è la quarta e dimenticata figlia di Edipo,
sorella di Antigone. Ismene, apparentemente rimasta ai margini della storia,
denuncia uno ad uno i familiari e il contesto che ha determinato la rovina
nella quale essa stessa si trova, rivendicando infine la libertà di decidere
del proprio destino. “Un monologo intimo e potente che entra nelle viscere
della contemporaneità”, come lo definisce il regista Fulvio Cauteruccio.
Un inno alla vita, alla forza femminile, al coraggio delle donne, ma che
affronta tanti altri temi che appartengono al nostro vissuto quotidiano:
l’incomunicabilità che cresce e finisce per divorarti come un cancro,
l’illusione del potere, il timore dei propri limiti o delle proprie emozioni,
la paura, il rancore, l’amore rinnegato o respinto, il rimpianto, la tentazione
della resa, la scelta di andare avanti mettendo sé stesse al primo posto.
Produzione Krypton.
Prodotto, invece, da Ente Teatro Cronaca (Italia),
Compagnie D’Amato Stahly (Francia), Théâtre Molière-Sète, Scène nationale
archipel de Thau (Francia) e Fondazione Campania dei Festival (Italia),
approda il 19 ottobre al teatro Politeama “Orpheus Groove”,
drammaturgia di Elvira Buonocore e Annalisa D’Amato, che cura
anche la regia. Luogo dell’azione scenica è il laboratorio del fisico del
suono, musicista e poeta Orfeo Shivandrim. Qui, un team di scienziati
conduce studi sul suono allo scopo di riarmonizzare la vibrazione degli esseri
umani e della Terra, che si sta drammaticamente affievolendo. Un progetto
mirabolante che parte da un assunto reale: esiste una condizione globale, un
malessere che ci riguarda tutti. E un obiettivo cruciale: come fare a stare
bene? Come curare questo mondo troppo offeso? Una donna, in particolare, si
staglia al centro della narrazione. A lei si affidano tutte le istanze di
rinascita. Mescolando le altezze dei grandi compositori alle più piccole
fragilità dell’essere umano, la guida orfica conduce lo spettatore lungo un
viaggio iniziatico di cura e svelamento del sé e della propria voce. L’opera
finale, multidisciplinare e multilinguistica, vede in scena Andrea de
Goyzueta, Juliette Jouan, Savino Paparella, Stefania Remino e Antonin Stahly.
Da segnalare, poi, al Teatro di Corte di Napoli, a cura della regista Nadia Baldi, gli spettacoli del Campania Teatro Festival realizzati in collaborazione con il Campania Libri Festival: quattro incontri tra reading teatrali e letterari, consacrati alle “Eretiche”, e altrettanti eventi dedicati a Giacomo Leopardi. Tre in programma il 4 e il 5 ottobre, mentre il 6 ottobre Anna Foglietta porterà in scena un suo omaggio teatrale al grande poeta.
La Reggia borbonica di Portici ospiterà invece dal 26
settembre al 2 ottobre “Sette arti di libertà”, con l’allestimento
di altrettante microdrammaturgie affidate a venti attori under 28.
Performance a vario titolo su architettura, cinema. danza, letteratura,
musica, pittura e scultura che andranno a concludere un percorso di due
settimane di prove libere. Spettacoli tratti da Fernando Arrabal, Alessandro
Baricco, Truman Capote, Ruggero Cappuccio, Aldo Masullo, Fabio Pisano e
Alexander Puskin. “Se la parola libertà-scrive Claudio Di Palma,
curatore e regista del progetto- allude in senso letterario al concetto di
piacere, le sette arti concorrono a strutturare una grammatica articolata e
raffinata attraverso la quale il piacere cerca le sue forme. Le dinamiche
controverse con le quali l’arte prova a riconoscersi e a manifestarsi saranno
l’oggetto di studio delle prove-laboratorio. Sette testi, tra teatro e
narrazione, proporranno alle attrici e agli attori parole che indagano e vivono
il faticoso, a volte doloroso, piacere della creazione artistica”.
Al teatro Solot, la Compagnia dello Stabile di
Benevento propone il 12 ottobre “Luna 57”, drammaturgia e regia
di Noemi Francesca, una interessante e moderna messa in scena su un
fenomeno preoccupante che coinvolge il mondo giovanile. In Italia, secondo uno
studio condotto dall’istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale
delle ricerche di Pisa, sono più di 50mila gli adolescenti che vivono tra le
quattro mura della propria camera, comunicando quasi esclusivamente su internet.
Numeri che secondo l’Istituto Superiore di Sanità e il CNR sono anche superiori
e che in Giappone, forse anche a causa del Covid, arrivano addirittura a un
milione e mezzo. Ragazzi che vivono una forma di ritiro sociale patologico e
percepiscono generalmente la figura paterna come “un’assenza ingombrante”. Da
questo allarme, ancora in embrione nel nostro Paese, nasce uno spettacolo di
grande intensità emotiva, dove la simbolica preparazione a una missione lunare
ci trasporta in una dimensione ultraterrena e ci parla di fragilità, di
famiglia, e di una realtà che gli adulti non si sono sforzati di comprendere.
Con Alessandra Masi.
Nello stesso teatro beneventano, il 5 ottobre Enzo
Mirone e la performer tedesca Karla Kracht porteranno in scena al teatro
Solot di Benevento “O.M.A. Oneiric Multiple Artifex”, uno spettacolo
della Immaginaria Cooperativa Sociale nel quale immagini, voci, suoni e
oggetti del passato appartengono al presente e prefigurano il futuro. Come un
mantice che si apre e si chiude, soffiando sul fuoco della realtà per
individuarne altre all’orizzonte o, più semplicemente, per liberare aria e
musica. Un incontro di mondi differenti, tra sogni, linguaggi multipli e
artisti capaci di essere anche artefici.
Il 28 ottobre, invece, al teatro Comunale di
Caserta c’è “La tenda di Achille”, regia, drammaturgia e spazio
scenico di Adriana Follieri. Lo spettacolo è il capitolo secondo del
progetto DISADIRARE, nato dalla ricerca artistica a cura di Manovalanza,
che vede protagonisti giovani attori detenuti dell’Istituto Penale per i
Minorenni di Airola (Bn). L’azione si sviluppa tra quello che potrebbe
essere l’accampamento degli Achei e il mare, uno spazio esteso e desolato
abitato da persone lontane con all’orizzonte l’agognata Itaca, incombenti le
mura di Troia da espugnare. In una suadente prossimità la tenda di Achille,
dove i corpi in vicinanza seppur apolidi trovano la casa, il nido ideale per
elaborare la propria crescita e la trasformazione che ne deriva. La violenza
incombe, straziante. Tuttavia, il processo che porta ciascuno a “disadirarsi”
continua tenacemente. “Dentro la tenda - scrive la Follieri – si protegge e si
crea il piccolo esercizio di pace partecipata, di libero arbitrio che muove
l’abitudine a disfare in guerra, provocando il cambiamento di un sé sottratto,
che proprio nell’assenza lascia campo aperto a una nuova forma di
partecipazione, riflessiva e spiccante di vita”. Con Paola Maria Cacace,
Francesca Capasso, Veronica D’Elia, Federica Di Gianni e Gianluigi
Signoriello e Andrea W. in arte Oblio. Regia e disegno luci di Davide Scognamiglio,
elementi di scena di Emanuele Perelli, paesaggio sonoro di Luca
Caiazzo in arte Lucariello.
In provincia di Salerno, il Festival farà tappa, oltre
che nel capoluogo con l’evento internazionale Asses Masses, il 29
settembre a Palazzo Coppola di Valle-Sessa Cilento (Sa), dove sarà
proiettato “Il puzzle”, un lungometraggio di Renato Salvetti prodotto
dall’associazione culturale Articolart, con Marina Sorrenti, Franca
Abategiovanni ed Emanuele Zappariello. Il film, che strizza l’occhio
a Frank Capra, racconta la storia di un gruppo di angeli incaricati di
consegnare delle lettere in un paese dl Cilento. In ognuna c’è il frammento di
una frase e un’esortazione a mettere insieme i pezzi del puzzle per
condividerne il significato. La missione avrà però degli intoppi e cambierà in
corso d’opera.
Costruito come un mosaico, composto di diverse tessere, è il
progetto “Eretika”, realizzato in collaborazione tra la Fondazione
Campania dei Festival e la Fondazione Giordano Bruno. Prodotta dal Teatro
Franco Parenti di Milano, questa giornata di eresie intorno a Giordano
Bruno, è fissata per il 7 novembre al teatro Mercadante. Inizierà in
mattinata con un convegno dedicato, proseguirà con una lettura-spettacolo su
testi del grande filosofo nolano e si concluderà con “Il rogo al contrario”,
una specie di rito collettivo dove ognuno scriverà su un pezzo di carta un
frammento di ignoranza a cui vorrebbe rinunciare nel futuro dell’umanità.
L’atto finale sarà un falò, a ritmo di musica, dove verranno bruciate
l’ignoranza, la chiusura mentale e le storture del mondo. Una giornata
sull’eresia non può che essere una giornata sulle Verità scomode. Oggi tanta
ricchezza, a partire dall’etimologia di una parola che fiorisce in bocca come
scelta divergente, nasce dalla sua emancipazione dal contesto religioso che per
così lungo tempo l’ha assorbita: in politica, nell’arte e in generale ovunque
vi sia un gruppo omogeneo per credenze o idee, per valori o interessi, ci
possono essere eretici, persone che scelgono di portarsi fuori dalla via usata.
Un atto di fede e di amore è invece Dietro le Quinte
Experience, una vera e propria mostra virtuale, fruibile attraverso
l’utilizzo di visori ottici necessari per la realtà aumentata, che ha l’obiettivo
di raccontare la bellezza del patrimonio teatrale italiano, soprattutto dal punto
di vista delle maestranze che lavorano dietro le quinte. Si offre dunque per la
prima volta, grazie alla regia di Claudio di Palma, la possibilità di
“visitare” quei luoghi storici nascosti, fruibili solo dagli addetti ai lavori,
ricchi di fascino e non di facile accesso, solitamente interdetti al pubblico
che è invece seduto in platea con gli occhi puntati verso il palcoscenico.
Ideato e prodotto dalla società di servizi per lo spettacolo Dietro le Quinte
s.r.l., il progetto si avvale della voce narrante di Francesco Pannofino
e della partecipazione straordinaria di Isa Danieli.
Un festival nel festival, pensato per sostenere e promuovere
la scena musicale emergente, è “Cosmofonie”, affidato alla cura e alla
passione di Massimiliano Sacchi. Sono 100 i promettenti giovani musicisti
under 30 che daranno vita ai concerti che si potranno ascoltare nel mese di
ottobre nella Reggia di Portici. Tra ribellione e ironia, fascino del passato e shock del nuovo, il
palinsesto si apre in un ventaglio di proposte ricco e vario, in cui la musica
fluisce in tutte le sue forme chiedendo soltanto che l'ascolto sia curioso. Un
partecipe vagare qui e là, nel dubbio e nell’errore fecondo che ti porta
altrove, in terre incognite, attraversando territori che si formano
nell’istante, in una comune ricerca. La produzione è della Fondazione
Campania dei Festival.
Tutti gli eventi in programma nella Reggia di Portici sono
stati realizzati in collaborazione con il Dipartimento di Agraria
dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, diretto dal professor Danilo
Ercolini.
Da segnalare, infine, i due laboratori previsti in
questa edizione: il workshop di Claudio Di Palma, da oggi al 24
settembre, propedeutico agli spettacoli di “Sette arti di libertà”, e il
laboratorio di scultura curato da Christian Leperino, aperto al
pubblico presso la Chiesa della Misericordiella di Napoli tutti i
venerdì e i sabato di ottobre dalle 10 alle 12.
La data di apertura della biglietteria sarà comunicata nei
prossimi giorni attraverso i canali social della Fondazione Campania dei
Festival. Un botteghino sarà inoltre allestito ogni sera nei luoghi di
spettacolo. I ticket costeranno da 8 a 5 euro, a conferma della
politica dei prezzi popolari voluta dal direttore artistico Ruggero
Cappuccio. I possessori della card Feltrinelli potranno
acquistare i biglietti a prezzo ridotto, mentre l’ingresso sarà totalmente
gratuito per le fasce sociali più deboli. Nel segno della continuità è
anche l’anima green della rassegna e la sinergia tra la Fondazione
Campania dei Festival, gli Istituti di Cultura e le Università.