SARABANDA di Ingmar Bergman, traduzione Renato Zatti, regia Roberto Andò

Al Teatro Mercadante di Napoli dal 7 al 19 gennaio 2025

Servizio di Rita Felerico

Non solo il titolo rimanda ad una struttura musicale, la Sarabanda, danza, come si legge nelle note di regia, lasciva e solenne proibita in Spagna nel sedicesimo secolo e poi ripresa da Bach e da Hendel. Ma è tutta la struttura della pièce teatrale ad essere concepita come scene/movimenti di una sinfonia di parole che culmina con un grido finale e poi con il silenzio.

Il silenzio della fine, nel quale si sprofonda dopo il chiasso della vita che, nella sua disperata ricerca di armonia, non produce altro che una sarabanda di sentimenti e pensieri impregnati di angoscia, disillusione e delusione. Come in tante inquadrature, pezzi di pellicola, le scene dei dialoghi sono incastonate nel nero di un immaginate cornici; ricordano i quadri di Hopper, disegnati senza sbavature e possibilità di mutamento. Così è pensata nella regia di Roberto Andò Sarabanda nell’intento di voler dialogare con l’ultimo Bergman.

Così sono i personaggi di Bergman nel suo ultimo film, non lasciano scampo a vie di fuga, così prigionieri del loro destino tanto da non ascoltarsi neppure quando si parlano. Solo alla più giovane, Karin, la bravissima Caterina Tieghi, nonostante i suoi dolori, è forse affidata una parola di speranza e di libertà.  

Tutti i protagonisti rispondono ai loro ruoli, immedesimandosi in modo naturale ed empatico nelle contorte pieghe dei loro mondi inconsci e reali e tutti seguono le battute con ritmo, perfetta conseguenzialità, incrociandosi con le loro ombrosità senza cadere in stereotipi di interpretazione, calibrando i toni della voce e delle inflessioni come in un concerto, innalzando i timbri lì dove la partitura lo richiedeva.

Bergman amava Bach, il suo matematico sentire e Andò ha saputo in questa regia ispirarsi a quei ritmi di violoncello restituendoci un Bergman noto sì, amato o odiato, ma sempre volutamente pronto a denunciare le banalità del male che celano le finte vite della società.

Ci sono le relazioni malate che sopravvivono all’interno delle famiglie e delle società, le sofferenze di mancate libertà, l’incomunicabilità, le fallite relazioni d’amore, amore perseguito ma sempre ignoto come accade fra i vecchi coniugi Johan e Marianne che non sapranno mai spiegare il loro amore.
Un piacere per il pubblico assistere alla magia che Andò ha saputo restituirci, un teatro scaturito dal cinema, ma tanto più vero e disvelante, tanto teatro.
Grazie a Renato Carpentieri, che sembra essere nato come Johan, ad Alvia Reale, Marianne, che appare limpida e decisa come un personaggio di Hopper, ad Elia Schilton, istrionico Henrik indurito dai sensi di colpa e sordo a qualsiasi anelito di vita ed alla brava Caterina Tieghi, la giovane Karin che con il suo abito rosso rompe le note monotematiche del racconto.

SARABANDA di Ingmar Bergman

traduzione Renato Zatti
regia Roberto Andò
con Renato Carpentieri, Alvia Reale, Elia Schilton, Caterina Tieghi
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
musiche Pasquale Scialò
suono Hubert Westkemper
aiuto regia Luca Bargagna
assistente ai costumi Pina Sorrentino
assistente alle scene Sebastiana Di Gesù
direttore di scena Sandro Amatucci
datori luci Theo Longuemare, Giuseppe Di Lorenzo
fonico Alessandro Innaro
capomacchinisti Fabio Barra, Enzo Palmieri
macchinista Vittorio Menzione
elettricista e fonico di palco Diego Contegno
sarta Nunzia Russo
trucco Vincenzo Cucchiara
parrucchiera Sara Carbone
amministratrice di compagnia Angela Carrano
foto di scena Lia Pasqualino
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Biondo Palermo
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di Joseph Weinberger Limited (agente del copyright), Londra,
per conto della Ingmar Bergman Foundation

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