L’UOMO PIÙ CRUDELE DEL MONDO

Al Teatro Bellini di Napoli - dal 2 al 14 maggio 2023

Servizio di   Rita Felerico

Non si tratta tanto di una declinazione del tema dell’utilità della cultura, ma di un nodo esistenziale di natura privatissima….una risposta che ha a che vedere con la speranza che il teatro, ultima sorgente dei rapporti in presenza, torni a meritare di essere il cuore delle nostre comunità”. Questa bellissima frase è tratta dalla postfazione scritta da Lino Guanciale per un libricino, “La ballata degli uomini bestia” di Davide Sacco, che contiene tre atti unici dello stesso autore, fra cui appunto L’uomo più crudele del mondo. In scena al Teatro Bellini dal 2 al 14 maggio 2023, la pièce ha come bravissimi interpreti Lino Guanciale – nel ruolo del manager - e Francesco Montanari – nei panni del giornalista intervistatore - che firma invece la prefazione al testo di Sacco, suo socio, con il quale dirige il Teatro Manini di Narni.

Le parole di  Lino Guanciale, lo spietato e crudele manager o meglio come si vedrà creduto spietato e crudele, sono cariche del segno più forte della drammaturgia di Sacco: la volontà di riportare il teatro al centro della vita di ogni comunità, delle città, per porlo a confronto, pensandolo come un corpo organico , con la vita  degli uomini e delle donne che popolano e vivono le città, i luoghi dove accadano i fatti : “Vibra dietro ogni parola scritta la stessa determinazione che conduce a cercare ogni strada e ogni contesto per incontrare la città, chiamarla a confronto  dentro e fuori le mura dell’edificio teatrale, invitarla a partecipare al rito antico e immortale in cui uomini e donne si osservano e giudicano nei propri specchi di carne”, afferma ancora Lino.

Il teatro vissuto e agito. Scrive Montanari nella prefazione: “ ..i testi quando funzionano continuano a lavorare dentro di noi, che ci piaccia o no…..per far sì che questo miracolo accada il testo deve essere vivo. Così come accade con le persone. L’autore possiede la superba maestria di creare la vita con la penna..”.

Ed è questa l’atmosfera che si respira durante tutta la messa in scena, nello scuro delle luci, nei pochi oggetti sparsi in una stanza che assomiglia più ad una prigione dei sentimenti bui che dominano gli uomini, quelli legati anche ai soldi che al loro apparire coprono con la loro presenza i pochi pensieri rimasti ancora in gioco.

Serrato il dialogo fra i protagonisti e in grande sintonia e ritmo con i gesti e con le parole, delle occasionali confidenze, degli scambi d’accuse ed anche dei momenti di ricordo. Fra le parole e i movimenti si crea così non solo conseguenzialità di immagine, ma temporale, che in qualche modo lega in orizzontale il tempo passato e presente, come in un rito che cerca di surclassare il reale ponendo dinanzi alle scelte possibili le nudità delle coscienze. Un finale che viene rincorso battuta dopo battuta e che esplode infine con netta crudeltà.

Oltre alla bravura degli attori, va riconosciuto al testo la forza indagatrice delle parole, capaci di stanare le bestialità e gli istinti più bruti, nascosti nei pensieri e nelle menti umane: “No caro mio, la crudeltà è un atto di grande condivisione”, dichiara ‘l’uomo più crudele del mondò. E le parole inseguono le tappe che conducono al sorprendente finale.

Il titolo così rispecchia non un frutto di pura fantasia, né la trama di un giallo, ma quelle possibili verità che si nascondono dietro l’apparenza conformista delle nostre esistenze.

Quanto si sa e si può sapere della vita? quanto si può amare la vita? Quanto la si comprende?

 

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