ODISSEA CANCELLATA di Emilio Isgrò, regia Giorgio Sangati
Per Pompeii Theatrum mundi al Teatro Grande Parco Archeologico di Pompei dal 13 al 15 giugno 2024
La Redazione
L’atmosfera, dissolta nel silenzio incastonato
nel cuore dei laterizi romani, rimbalza come eco fra i gradoni dell’antico
teatro pompeiano appena le luci, i suoni, le voci dell’Odissea Cancellata
di Emilio Isgrò animano poeticamente lo spazio e il silenziato mistero
della città cancellata. E’ Poesia che si muta in teatro, a narrare la Storia di
sempre e questa volta lo vediamo il greco poeta il quale, in solitudine, seduto
su una sedia e con in mano un grande libro nero, si ritrova a guardare e
leggere la Storia con le sue stesse parole e a cancellarle, ricercarne altre,
per riscrivere e scrivere ciò che accade.
Odisseo si mostra da subito per
quello che è e che è diventato, riverso sulle gradinate, circondato dalle ombre
dei suoi fallimenti, delle sue paure, delle sue sconfitte, fra detriti e
‘spazzatura’.
Omero / Isgrò cancella con un penna
man mano che il dialogo fra Ulisse e ‘nani’ si fa più serrato le parole che non
considera più importanti, quelle inutili, facendole scomparire dietro una
grossa cancellatura sul grande libro appoggiato sulle ginocchia. Scompaiono
contemporaneamente le corrispondenti parole disposte con una installazione
luminosa sulle gradinate. Non a caso. Alla fine, solo le parole che disegnano
la prua e la poppa di una nave resteranno, una barca che tiene prigioniero il
protagonista. Il viaggio però non termina, anzi
ricomincia, si è cancellato per ritrovare il senso, si è invitati a salpare di
nuovo il mare, ma questa volta guardando negli occhi gli errori e i limiti
delle azioni.
E gli uomini-nani – piccoli perché non hanno saputo difendersi e
difendere il loro stesso mondo per vivere - salvi dal nubifragio incitano ad
aprire gli occhi sulla verità, vestiti con gialli giubbini da salvataggio:
“essere nani non è un male”, declama una corista, si può osare. Cancellare,
scrive Roberto Andò all’interno dell’elegante flyer, è verbo che
rimanda alla scrittura …è lasciare visibile una traccia delle cose che
sono state cancellate …resta vivo il residuo morale dell’azione che le ha rese
invisibili…
La versione del mito è così rovesciata
nei suoi parametri, come le figure delle donne dell’eroe, che spuntano dal suo
subconscio in tutta la loro ombrosità, come maschere dalle strane acconciature
e dalle vesti di antico splendore: rapporti e relazioni sbagliate, troncate,
non vissute nella loro realtà di presenza. Telemaco stesso non può esistere.
Non esiste un figlio per l’Ulisse che non sa viaggiare. E Polifemo è un insignificante Nessuno, un
egocentrico capovolto che non riesce a guardare il mondo dalla sua maschera. Ma
per essere qualcuno doveva il nostro eroe per destino scegliere di porsi dalla
parte di Menelao, di Agamennone. Dalla parte della guerra. Ma ora, il nostro
Omero è davanti al mare, lo ricordano come onde le gradinate che ha dinanzi, e
può riscrivere la Storia.
I simboli della poesia snocciolano
fra le parole; scrive Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico:
si torna a parlare “degli antichi miti come se ci riguardassero. Un teatro
lirico e politico che processa il passato per scoprirne i sedimenti nel presente.
Una drammaturgia che cancellasse il silenzio. A Pompei -che è si per sé
incancellabile – se qualcosa è stato cancellato da Isgrò, quello è appunto il
silenzio. E, con esso, la morte”. Forse leggere il testo potrebbe
farci apprezzare tutto l’intenso dolore e sconcerto, meno travolti da quel
vento / natura che avvolge come un caos il mondo. Eolo e i suoi venti non
distaccano, non trasportano se non nel fondo del limite, sono la musica che fa
da contrappunto alle parole e alla loro assenza e silenzio. E’ Leopardi che ci
canta la sua Ginestra, è quel vento che accomuna popoli in quell’azzurro odore
di Mediterraneo.
Una esperienza di poesia che ha
bisogno di una ferma scelta da parte degli spettatori. È in punto di
partenza che cerchiamo, non di approdo, declama il Coro. Chi non si lascia
andare alla poesia apprezza solo una piccola parte di ciò che accade sul
palcoscenico capovolto, siamo noi attori della trama che si potrà scrivere dopo
aver riportato Omero fra di noi.
Punteggiati di riferimenti ai
giorni del presente sono le lettere greche e si ripensa alla guerra, alle
disuguaglianze, alle violenze; del resto, il testo – che è rappresentato a
Pompei per la prima volta – fu scritto da Isgrò nel 2003 (altro anno di guerra)
al tempo dell’Orestea di Gibellina.
E l’opera in situ nello spazio del
quadriportico è parte integrate del percorso poetico e drammaturgico che porta
al Teatro. Sono cinque pannelli di legno inciso posti in asse con la cavea del
teatro, di differente inclinazione rispetto alla verticale, posti in modo da
catturare lo sguardo da qualsiasi visuale. Un indizio di movimento che sdogana
la staticità delle parole.
Delle rappresentazioni, accolte da
un pubblico attento e partecipe del ritmo serrato dei versi, in particolare
nelle due ultime sere, oltre alla regia di Giorgio Sangati si apprezza
particolarmente la professionalità e bravura di Luciano Roman, Ulisse, e
dei Coristi ai quali è affidato il compito – con brevi monologhi – di
sollecitare i pensieri dell’eroe distrutto e di arrampicarsi veloci e muoversi disinvolti
nello scendere e salire le onde / gradinate. Significative, affascinanti le
musiche di Giovanni Frison. Bravi tutti gli operatori per
l’installazione scenica, le luci, i costumi. Questo appassionato lavoro
condiviso, sarà difficile cancellare.
ODISSEA CANCELLATA
di Emilio Isgrò
regia Giorgio Sangati
con Luciano Roman
e Clara Bocchino, Francesca Cercola, Eleonora Fardella,
Francesca Fedeli, Gianluigi Montagnaro, Antonio Turco
installazione scenica Emilio Isgrò
progettazione scenica Claudio Lucchesi Studio ufo
costumi Eleonora Rossi
disegno luci Luigi Biondi
musiche Giovanni Frison
cura del movimento Norman Quaglierini
aiuto regia Angela Carrano
assistente regia volontario Gianluca Bonagura
direttrice di scena Flavia Francioso
macchinista Nicola Grimaudo
datore luci Giuseppe Di Lorenzo
fonico Daniele Piscicelli
sarta Roberta Mattera
foto di scena Ivan Nocera
costumi realizzati da Sonia Marianni e Francesco Boscolo
parrucche realizzate da Patrizia Rossi e Gaia Ombrini
produzione Teatro
di Napoli – Teatro Nazionale
con il contributo del Parco archeologico di Pompei
*Ultime quattro foto di Pino Cotarelli
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