Lo ZOO DI VETRO testo di Tennessee Williams, traduzione del testo in greco Dimos Kuvidis, regia e drammaturgia Antonio Latella
Al Teatro Nuovo 17 ottobre 2024 per il Campania Teatro Festival 2024
Servizio di Rita Felerico
Torna al Nuovo dopo 12 anni da Un tram
che si chiama desiderio, bellissima edizione con Laura Marinoni, Antonio
Latella, nel teatro che lo ha visto attore, regista, direttore artistico al
quale si era dedicato con passione e dedizione, ma che è stato causa della sua inquieta
sofferenza, tanto da meditarne e attuarne l’abbandono con una fuga che lo ha
visto lasciare anche la sua città. Nel suo viaggiare si stanzia in una piccola
isola greca, dove stabilisce e dove conosce
Maria Kallimani divenuta
sua amica, e scoperta e conosciuta come attrice solo tempo dopo.
Progetta l’idea di mettere in scena in
greco Lo zoo di vetro, opera dell’autore da lui molto amato, Tennessee
William proprio a partire dall’amicizia con Maria e dalla conoscenza del
mondo teatrale greco che man mano viene ad acquisire. Dichiara in un’intervista
che ha imparato ad apprezzare il mondo del teatro greco, in una nazione dove
esistono pochi teatri finanziati dallo Stato, nella quale vivono, tanti piccoli
teatri poveri, molto frequentati da un pubblico attento e partecipativo. Mi
hanno dimostrato – spiega nella stessa intervista - come si possa fare, da
poveri, un teatro di qualità, ricco di senso artistico e civile e la dignità
del fare l’attore nonostante le difficoltà economiche. Il teatro è un
luogo del popolo, nato per nutrirsi e non esibirsi.
Al Nuovo, a Napoli il 17 è stato il
debutto de Lo zoo di vetro, del quale Latella è regista e drammaturgo,
ma dal 23 sarà presente ad Atene, città che ha ospitato le prove dello
spettacolo, con un notevole numero di rappresentazioni.
Lo spazio vuoto del palcoscenico, privo di
qualsiasi oggetto, ospita il teatro dei protagonisti, ordito di parole –
molto veloci nel ritmo -, di gesti e movimenti prossemici accompagnati a volte
dalla musica che ne vanno a descrivere il significato simbolico. Le luci
giocano un ruolo fondamentale, non sono mai spente -tranne che in un breve
momento di tempo – e richiamano il pubblico ad una presenza ed attenzione
sempre viva, che punta con i suoi fari accesi alla vivezza della memoria, della
scrittura (a volte i personaggi scrivono e battono i tasti di macchine da
scrivere immaginarie.
Lo sfondo del palco è occupato da una
grande fotografia di Tennessee, giovane, alla scrivania da lavoro.
La ‘presenza’ dell’autore americano sul
palco è importante quanto nelle pieghe della creatività di Latella che
considera e predilige il tratto autobiografico delle opere dell’autore, perché
racconta veramente la verità delle cose, della sua vita, della sua famiglia (una
tipica famiglia piccolo borghese americana), non un teatro realistico - come lo
stesso Tennessee dichiarò nel 1944 – ma più di memoria, simbolico, un
metateatro, quello che più intriga Latella.
Il protagonista Tom, si chiama come
l’autore, (seduto fra il pubblico, entra ed esce dalla scena) è perso nei suoi
sogni e fantasie da cinematografo, carico di un senso di colpa nei confronti
della sorella – Laura soprannominata Rose, come la vera sorella di Tennessee
malata di schizofrenia – perché non riesce ad aiutarla nella sua difficoltà
relazionale. Jim, l’amico di Tom, l’invitato a cena, è l’unico personaggio
reale, l’unico che riesce a dare fiducia e a stimolare il sentimento di
autostima in Laura, innamorata di lui fin dai tempi del liceo.
Tutto gira però intorno alla figura della
madre, invasiva, ingombrante, forte, caparbia nella sua volontà di ‘vedere
tutto sistemato’ anche per la figlia così difficile. Ricorda la sua giovinezza,
paragona quei tempi a quelli dell’oggi, è fuori tempo ma nel tempo dell’azione
scenica, che è il presente che si vive con tutte le sue contraddizioni.
Il
sogno americano non esiste – afferma Latella -; si legge nelle note di
regia: “Ma è questo è il vero mistero di
questo grande ed emozionante testo, dove il tema della trasparenza diventa il
tema della ricerca. Guardare attraverso il vetro. Guardare attraverso le
emozioni dell’anima. Togliere le impurità del vivere e cercare un’“assoluta”
perfezione, anche se sappiamo bene che così non si può vivere, come ne sono
consapevoli tutti i protagonisti di questa nostra grande storia. Allora perché
ricordare? Perché raccontare la storia della propria famiglia al grande
pubblico, perché far diventare una questione privata una questione pubblica?
Forse esiste una risposta, ma credo che questa risposta vada cercata nella vita
privata di Williams stesso. Un autore che chiede a tutti noi di allontanarci
dal realismo e provare a rivisitare questa storia attraverso gli occhi della
mente, andare oltre ciò che si vede per provare a vedere nell’oscurità”.
Ed è così che si può
leggere il gesto finale di Tom, quello di pulire quel vetro/parete mobile,
unico elemento oggettivo, che divide e unisce tutti i personaggi ed è così che
si può comprendere meglio la frase iniziale delle note: “Il tema della famiglia
come Nazione mi ha sempre affascinato. Tutti i miei lavori, anche se molto
differenti tra loro, ruotano sempre attorno ai nuclei famigliari; è come se
tutto il teatro, fin dall’esperienza dei grandi classici greci, non possa fare
a meno di incontrare sempre il tema della famiglia”.
Bravissimi tutti, nell’interpretazione e
nella prova attoriale, leggera nella liberazione dei personaggi ma incisiva la regia.
Da vedere. Bella, infine, l’immagine
della locandina di sala, una foto di Jana Muller, una mostra del 2017 : “Alla sua prima personale in Italia, l’artista
tedesca ricostruisce, nella galleria Paolo Maria Deanesi di Trento, una
scena del crimine da noir moderno. On rough diamonds è
una mostra concepita come un’installazione unica (sebbene le opere risalgano ad
anni diversi), che raccoglie oggetti vissuti messi sotto teca e lavori
fotografici, doppi bidimensionali degli oggetti esposti e stampe fotografiche
su vetro di imputati in attesa di processo, che si coprono il volto con
qualsiasi mezzo. Ogni “indizio” presentato è, all’apparenza, formalmente
ineccepibile, ma ciascuno di essi, sotto strati di vetro, si offre a più
letture, minando il concetto stesso di verità “oggettiva”. Due curiosità:
alcuni degli oggetti provengono davvero da archivi giudiziari e Jana Müller,
cui i temi forensi sono molto cari, è effettivamente figlia di un ex
investigatore della DDR”.
Lo ZOO DI VETRO
testo Tennessee Williams
traduzione del testo in greco Dimos Kuvidis
regia e drammaturgia Antonio Latella
con Maria Kallimani, Vaggelis Abatzis, Lida Koutsodaskalou, Nikos
Milias
scenografia/costumi Cristina Calbari
assistente alla scenografia Kyriaki Forti
luci Stella Kaltsou
assistente al progetto artistico, musiche e movimenti Isacco
Venturini
interprete/sopratitoli Violetta Zefki
elettricista responsabile Konstantinos Lianos Batzakis
fonico responsabile Yorgos Nomicos
montaggio e allestimento scene Nikos Dentakis
direzione
e esecuzione di produzione Kart Productions
una coproduzione di Technichoros E Theatro Technis Di
Karolos Koun
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