Al Teatro
Politeama Pratese - Via G. Garibaldi 33/35, PRATO – il 21 alle ore 21 e il 22 alle
ore 10.30 febbraio 2023.
Servizio di Cinzia
Capristo
Al Politeama
di Prato è
andata in scena una pagina della storia italiana dove la denuncia di un mal
costume è diventata la storia di una donna: Elda Pucci. La scena sul palco è
già presente quando il pubblico entra in sala: tre sedie centrali, un tavolino
con una sedia al lato destro, e una sedia a sinistra, a ridosso un telo
trasparente e dietro l’Orchestra Multietnica di Arezzo che suona dal vivo
diretta dal maestro Enrico Fink. Un rombo di tamburello dà il via all’entrata in
scena di Ottavia Piccolo che inizia la sua performance. Sul telo vengono
proiettati frammenti di un vetro rotto a significare che qualcosa è andato in
frantumi.

Raccontare tematiche
sociali e politiche con un linguaggio non burocratico o aulico non è facile, ma
la ricerca e lo studio continuo dell’evoluzione del linguaggio in Stefano
Massini e il sodalizio artistico con Ottavia Piccolo ancora una volta hanno
dato prova che il teatro può essere anche questo. La semplicità delle parole
cercate e pensate da Massini con l’interpretazione di Ottavia Piccolo hanno
raccontato con delicatezza fatti che solo una penna tagliente, ma delicata come
Massini poteva mettere in scena. Tuttavia, il titolo di questo lavoro è
forviante, non è Cosa Nostra spiegata ai bambini, ma è come diceva Elda Pucci:
Cosa Nostra spiegata con la semplicità del linguaggio dei bambini.
Un monologo dove con grande
maestria la Piccolo con intonazioni, con una mimica facciale, con musiche
adeguate in sottofondo, che rimembravano la Sicilia in tutte le sue
sfaccettature, ha raccontato i fatti avvenuti nella Palermo degli anni Ottanta.
Una donna, Ottavia Piccolo, senza mai essere troppo enfatica, racconta un’altra
donna: Elda Pucci; racconta la sua onestà, la sua forza visionaria di chi crede
in un mondo migliore con lo sguardo rivolto al futuro e gli occhi trasognanti
di un bambino che si affaccia al mondo.

Si racconta di Elda Pucci
della sua vita di quando ebbe sentore, sin da piccola, che non tutti siamo
uguali, che esistono gli uni e gli altri, il bene e il male. Cresciuta in una
Palermo dove le differenze sociali erano stridenti, ormai adulta e
professionista lavora come medico pediatra all’Ospedale S. Cristina, ma il suo
senso civico la porta ad operare tra i quartieri poveri della città, alla
Vucciria dove c’erano più bambini che finestre, allo Zen, ed è in questi luoghi
che incontra e si scontra con una infanzia violata, dove il destino di questi
bambini è già segnato. Nel suo cammino professionale, ad un certo punto però si
scontra con “gli altri” con una ricchezza che gronda sangue.

Intanto sulla tela del
palco scorrono immagini, dieci in tutto, ognuna delle quali porta il nome di
quei bambini lesi, ma anche di quelli dal destino segnato: Gegè, Nuzzo, Ruggero,
Tanino, Ancilina, Sasà, Melina, Totò (Salvatore Riina), Ninetta fino all’ultimo
nome il suo: Elda. Mentre si narra la storia di questi “picciriddi”, in
contemporanea, in un dialogo incessante, senza mai fermarsi la Piccolo racconta
e impersona Elda durante gli anni del suo mandato da sindaco dando voce anche
ai personaggi con cui ella si interfaccia.
Gli anni Ottanta non sono
stati solo anni di opulenza, ma anche di collusione tra potere politico e
potere malavitoso e in questo clima che si snoda la storia di una donna eletta
sindaco di Palermo con i voti dell’allora Democrazia Cristiana, ma che una
volta eletta si accorge di un sistema fallace, che da una parte l'ha sostenuta
nella nomina a prima carica politica della città, ma in seguito ha cercato di
manovrare il suo operato.

Elda Pucci scoperchia il
vaso di Pandora dove lecito e illecito ha confini labili; si accorge che dietro
il sistema politico si cela qualcosa di marcio e lo denuncia ad alta voce,
questo fa di lei una pedina scomoda agli occhi di un potere colluso. Elda si
scontra con una realtà che era stata già denunciata dal giornalista catanese
Pippo Fava quando sosteneva: “che l’alto e il basso vanno insieme”. Come in una
cronistoria il viaggio intrapreso dalla Piccolo racconta di Elda e di Palermo,
scandendo date ed eventi che appartengono non solo a Palermo, ma alla nazione
Italia. La città di Palermo negli anni Ottanta cresce: cemento, case e panni
stesi. Don Vito Ciancimino vede crescere il suo potere, intanto, la strada
lastricata dai soldi e dal potere è cosparsa di morti: Michele Reina, il Generale Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella,
Pio La Torre, lo stesso Pippo Fava e tanti altri di cui non sono noti i nomi.
Il bene, così come scritto da Massini, a volte fa male e a volte fa anche
morte.

Nella città
di Palermo negli anni Ottanta c’era stata un avvicendamento delle famiglie
mafiose: si passò dagli Inzerillo, ai Badalamenti, ai Buscetta, fino
all’avvento di Totò Riina; “i nuovi”, così come diceva Elda non si
accontentavano più di gestire la città, ma controllavano il mercato della
droga: soldi che generano altri soldi. Elda denuncia perché come lei stessa
dice: la città ce la sentiamo addosso come un vestito. Nel processo di mafia
per l’uccisione del Magistrato Rocco Chinnici la città di Palermo si
costituisce parte civile, ma il vento non sempre fa rumore.
Così come nel
brano tratto dall’apologia di Socrate e Critone, Socrate in sua difesa diceva:
“cittadini provo vergogna a dirvi la verità, eppure va detta” così Elda Pucci
sosteneva che la verità bisogna dirla e bisognava spiegarla con un linguaggio
semplice come si spiega a un bambino.
Elda non concluse il suo
mandato, ma a poco meno di un anno viene sfiduciata dalla carica di primo
cittadino di Palermo e la sua casa viene fatta saltare.
Un lavoro questo portato in
scena dalla Piccolo che merita il plauso dell’intero staff. La regia di Sandra
Mangini è stata ben curata nei particolari sia nell’allestimento scenico, sia
nell’apporto tecnico, l’incursione in scena dei musicisti ha reso le scene in
movimento completando il racconto e arricchendo lo spettacolo con melodie
armoniose che hanno scandito i vari momenti della narrazione.
Testo: Stefano Massini
Musiche di Enrico Fink eseguite
dal vivo dai Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo
Massimiliano Dragoni salterio, percussioni, doppio flauto
Luca Roccia Baldini basso
Massimo Ferri chitarre, mandolino
Gianni Micheli clarinetto basso
Mariel Tahiraj violino
Enrico Fink flauto
Regia: Sandra Mangini
Visual: Raffaella Rivi
Disegno e luci: Gianni Bertoli
Direttore di scena: Paolo Bracciali
Fonico: Gabriele Berioli
co-produzione
Officine della Cultura – Argot Produzioni – Infinito Produzioni –
Teatro Carcano Milano con il contributo di Regione Toscana e Ministero della
Cultura
Rassegna Musikè
il vestito di Ottavia Piccolo è di La sartoria –
Castelmonte onlus
Prima foto di: Antonio Viscido
Altre foto di Silvia Tondelli
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