LA LOCANDIERA di Carlo Goldoni regia Antonio Latella
Al teatro Mercadante dal 12 al 17 novembre
Servizio di Rita Felerico
Sonia Bergamasco incarna con grande empatia la Mirandolina della famosa (La)
Locandiera di Carlo Goldoni, messa in scena per la regia di Antonio
Latella in questi giorni al Teatro Mercadante; sa mettere in luce ogni sfumatura del suo carattere, l’ironia, la
grande volontà, la fragilità e nell’appassionato, carnale monologo finale
rivela il senso del suo ruolo così come
Goldoni l’aveva pensato, nel 1793, in una drammaturgia che prevedeva divisa in
tre atti (qui ne sono due) (…) e lor signori ancora profittino di
quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si
trovassero in occasioni di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino
alle malizie imparate, e si ricordino della locandiera.
Goldoni con questo geniale testo teatrale compie
quella che anche Latella definisce una grande trasformazione, una rivoluzione:
sostituisce le maschere con personaggi aderenti alla realtà, presi dalla vita
di ogni giorno – ad eccezione delle attrici (Ortensia e Dejanira) - e la
commedia assume e dichiara anche un suo significato/messaggio morale.
Mirandolina stessa, la cui maschera era Colombina, acquisendo il ruolo di
seduttrice insegna agli spettatori che una donna, socialmente più umile (e
quindi anche le persone semplici) può essere maestra di verità e
insegnamenti.
La scelta finale di Mirandolina di sposare,
rifiutando gli approcci degli altri nobili ospiti della locanda e il loro
denaro, il fedele cameriere Fabrizio, viene letta in chiave contemporanea dalla
regia di Latella e dalla dramaturg Linda Dalisi, come una scelta “civile e politica”, attribuendo a
Mirandolina una vera e propria azione di
donna libera, una sorta di femminista ante litteram, che nel rifiutare i
canoni prettamente maschili di un potere economico e sociale sceglie la strada,
che poi le era già stata indicata dal padre, più chiara, tradizionale,
rassicurante.
Questo aspetto è una lettura più spiegata che
agita da Latella, lo si intuisce nell’attrazione amorosa di Mirandolina per il
Cavaliere di Ripafratta (lo conferma il piegare, nascondere, fare suo,
abbracciare, odorare il cappotto color cammello del Cavaliere) un incallito
misogino che alla fine si innamora di Mirandolina.
Una donna moderna certo Mirandolina, affinata nel
comprendere cosa si nasconde dietro i finti Conti, dietro i Marchesi decaduti,
dietro l’atteggiamento deviato del Cavaliere, svela la falsità degli
altolocati, ma alla fine è impotente dinanzi ad una lotta che intuisce impari,
sceglie la ‘sicurezza’ della pacata strada della tradizione.
Oltre agli abiti indossati, tute maglioni,
infradito, alla semplicità dei vestiti di Mirandolina – vestita di bianco – ci
sono gli oggetti in scena modernissimi ,
lineari, c’è una cucina dell’oggi, una pentola rossa, un rubinetto in acciaio e
irrompono una armonica e una chitarra elettrica, tutto per cancellare forse il
tempo che separa la goldoniana Mirandolina da quella di oggi, una melanconica
riflessione che si esprime nella etera atmosfera della ninnananna cantata
a Mirandolina svenuta proprio dal
Cavaliere e dal suo servitore, che chiude il primo atto.
Si lascia molto amare Mirandolina/Sonia
Bergamasco che riesce a legare le profonde contraddizioni della realtà e dei
pregiudizi radicati di una società per lottare in favore di una conquista della
persona/donna verso la libertà, facendoci comprendere che il cammino per questo
è ancora molto lungo.
“Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto
un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente
contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con
protagonista una donna…” e questo è il tema messo più in
luce dal regista, con una parola molto fedele al suo autore che ci
racconta già la ‘tragica’ immobile realtà.
LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni
regia Antonio
Latella
con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico
Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Gabriele
Pestilli, Marta Pizzigallo
dramaturg Linda Dalisi
scene Annelisa Zaccheria
costumi Graziella Pepe
musiche e suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico
Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Gabriele
Pestilli, Marta Pizzigallo
dramaturg Linda Dalisi
scene Annelisa Zaccheria
costumi Graziella Pepe
musiche e suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
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