L’ISPETTORE GENERALE, con Rocco Papaleo, regia di Leo Muscato
Al Teatro Politeama Pratese - Via G. Garibaldi 33/35, PRATO – il 01 alle ore 21 e il 02 alle ore 16.00 febbraio 2025.
Servizio di Cinzia Capristo
Al
Politeama di Prato è andato in scena un adattamento di Leo Muscato, che
ne cura anche la regia, del lavoro di Nikolaj Gogol: L’Ispettore
generale. Una sintesi sapientemente ridotta del testo che mantiene la
struttura portante in chiave ironica. Un capolavoro del teatro comico russo, una
denuncia degli abusi dei burocrati statali russi di fine Ottocento facendone
emergere tutte le contraddittorietà di un regime apparentemente perfetto. A
sipario chiuso una melodia russa ci proietta nello scenario che da li a poco
verrà rievocato. Gli attori sono già presenti in scena quando il sipario si
apre. Una scenografia scarna sul fondo nero in perfetta sintonia col testo. In un
semicerchio casette di legno illuminate dall’interno con una luce bianca fredda
che ricorda gli igloo e al centro un unico blocco di porte, mosso dagli stessi
attori, che si aprono e si chiudono definendo gli ambienti dove si muovono i personaggi
della kermesse.
In scena
il podestà, interpretato da un bravo caratterista come Rocco Papaleo,
di un piccolo distretto attorniato da autorità cittadine che a vario titolo
detengono ruoli nell’amministrazione, annunciando che sta per arrivare un Ispettore
generale da Pietroburgo con l’incarico di vigilare il loro operato. Questo
funzionario del Governo centrale arriverà in anonimato, come un normale
cittadino. Il podestà inizia a sospettare che qualcuno lo abbia potuto tradire
e denunciare. In un mea culpa ammette
qualche errore, ma sostiene che tutto si è svolto con lo spirito di una grande
famiglia, ha ricevuto dei regali, ma lui ha prontamente sempre ringraziato. Come
dice Sofocle: “Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un
uomo fino a che non lo si vede amministrare il potere”. Pertanto, dovendo dimostrare
il suo operato metterà in atto una serie di contromosse per sanare le varie falle
del sistema, ripulire l’Ospedale delle Opere Pie, ristrutturare la Chiesa
bruciata, ripulire dalla cacciagione il tribunale che ha accumulato molte
pratiche mai evase, ripulire le strade.
La
notizia dell’arrivo dell’Ispettore generale, presto divulgata, farà sì che in
una sequenza di equivoci alcuni personaggi della cittadina individueranno nella
persona sbagliata il funzionario. Infatti, viene informato il podestà che alla
locanda da due settimane dimora un uomo che viene da Pietroburgo e che
sicuramente si tratta del funzionario statale, riconoscibile per delle
caratteristiche ben precise: mangia, dorme e non paga, per cui è uno statale.
Come servitore e responsabile dello Stato il podestà decide di andare alla
locanda per soccorrere un visitatore in viaggio e tributargli tutti gli onori
dovuti alla sua carica. Iniziano
così una serie di scene surreali che porteranno i vari personaggi a situazioni
tragicomiche nel tentativo di ingraziarsi l’Ispettore generale.
Come affermato
dal podestà: “bisognerà ungere gli ingranaggi”; pertanto, senza orecchie
indiscrete, ogni rappresentante dell’amministrazione della cittadina si recherà
dal funzionario statale per avere disposizioni in merito al proprio incarico ungendo
con soldi il silenzio dell’Ispettore; questi capito l’equivoco, essendo un
intellettuale squattrinato, accetterà tutti gli onori e i denari che gli
verranno dati, e prima di andare via scrive una lettera a Gogol descrivendo i vari
personaggi come grotteschi e ridicoli, degni di far parte dei personaggi delle sue
commedie. Ma la lettera viene intercettata dal postino del distretto e letta alla
presenza di tutti. Nel frangente un messo arriva ad annunciare che alla locanda
è arrivato il vero Ispettore generale da Pietroburgo. In una scena finale, un
occhio di bue illumina il podestà che dovrà ammettere, senza riserve, che per
la prima volta è stato truffato, non dai suoi cittadini, ma da un intellettuale
di Pietroburgo.
La regia
di Leo Muscato è lenta in alcuni passaggi, soprattutto nella parte centrale
della pièce, manca quel mordente che dovrebbe dare la giusta vivacità ad un
testo estremamente ironico e caricaturale come questo. La mimica facciale e la
gestualità di Papaleo lo rendono perfetto nel ruolo interpretato, bravi anche
gli attori che hanno ruotato attorno al personaggio del podestà; fuori contesto
è apparsa l’interpretazione della moglie del podestà, brava attrice Marta
Dalla Via, ma il personaggio era troppo sbilanciato in chiave moderna
rispetto al resto della compagnia. Grossi
plausi sono stati tributati all’intera compagnia; a fine kermesse, gli attori
sono scesi dal palco, capeggiati da Papaleo, al suono di una marcia russa; mentre
gli spettatori battendo le mani a tempo, come nella Marcia di Radetzky di
Strauss, hanno accompagnato e salutato gli attori in un’atmosfera gioviale.
podestà: Rocco Papaleo
Chlestakov: Daniele Marmi
Osip: Giulio Baraldi
moglie: Marta Dalla Via
figlia: Letizia Bravi
giudice: Marco Gobetti
sovrintendente opere
pie: Gennaro
Di Biase
Dobčinskij: Michele Schiano di Cola
Bobčinskij: Michele Cipriani
direttore scolastico: Marco Vergani
ufficiale postale: Marco Brinzi
dottoressa, vedova,
cameriera: Elena
Aimone
attendente, mercante:Salvatore Cutrì
musiche originale di: Andrea Chenna
scene di: Andrea Belli
costumi di: Margherita Baldoni
luci di: Alessandro Verazzi
coreografia di: Nicole Kehrberger
produzione Teatro Stabile Di
Bolzano, Teatro Stabile Di Torino - Teatro Nazionale, Teatro Stabile Del
Veneto- Teatro Nazionale
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