SONO VIVA PER MIRACOLO scritto e diretto da Adolfo Ferraro
Alla Sala Assoli dal 18 al 20 febbraio 2025
Servizio di Rita
Felerico
Un testo Sono viva per
miracolo che, nella semplicità del lessico, narra della solitudine di
una donna, Marina, ormai matura, mettendone a nudo, man mano che la vicenda
prende corpo nel suo dramma, la complessità esistenziale e la personale
costruzione di uno spazio di vita simile ad una solitaria cattedrale, che si
vieta di occupare del tutto.
Nel monologo in scena alla
Sala Assoli dal 18 al 20 febbraio emergono i segreti, i brutti ricordi che si
son voluti e si vogliono seppellire nella memoria, quelli che, svelati, ci
dicono dei sogni irrisolti, delle felicità sfiorate, della subdola e conclamata
violenza, subita anche inconsapevolmente.
Scritto e diretto da Adolfo Ferraro,
psicologo, psichiatra, che di segreti e di percorsi di sofferenza se ne
intende, a dare voce a Marina è una splendida Antonella Morea.
Senza
cadere nella stereotipia, sfumando in diversi toni la voce secondo il senso e
diversificando con piccoli gesti le abitudini di una esistenza ormai agli
sgoccioli, Antonella/Marina intreccia il dialogo fra il suo sé e il mondo – dal
quale rifugge – con un virtuale compagno, Lello, un assistente vocale a cui è
affidato il compito di coccolare, ascoltare anche più volte il racconto dei
ricordi, dei dolori e delle speranze di cui vive, dopo la morte della madre e
dell’amatissimo gatto.
Si scopre dello stupro dello zio
quando era ancora ragazzina, della disistima che si è covata nel cuore, che
conduce Marina sul baratro della follia e poi il difficile percorso di risalita
che non la slega però da una solitudine e da una incomunicabilità che ha le sue
radici appunto nel passato, ferite che non si chiudono e sanguinano nonostante
l’apparente stabilità.
Marina è viva per miracolo, scampata alle
tragedie / ostacoli (quelli veri e quelli immaginati) trovati sulla sua strada,
ma dopo la morte inaspettata del suo uccellino (non raccontata come quella del
gatto, ma vissuta stavolta sulle assi del palcoscenico) comprende che anche il
suo tempo è finito e si lascia andare dopo aver attraversato più volte,
sperando di dimostrare la sua esistenza, le note di una gioiosa canzone,
mandata a ‘voce alta’ dal fidato Lello, un ritmo latino americano che riesce a
far esprimere alla ormai rassegnata Marina i più sensuali desideri.
Efficace il disegno luci di Simone
Picardi, belle le foto di scena e soprattutto le scene di Tata Barbalato
che ben si inseriscono nella Sala Assoli che fu ed è di Enzo Moscato. Un
‘brava’ da gridare empatico e sentito ad Antonella che si ha voglia di
abbracciare dopo l’impeccabile l’immedesimarsi in un ruolo non facile, nel
quale la follia della protagonista è detta e non detta, un ruolo ma la naturalezza
di Antonella rende familiare e tenero: Marina potrebbe essere anche la nostra
‘sconosciuta’ vicina di casa.
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