IL RITO di Ingmar Bergman adattamento e regia Alfonso Postiglione traduzione di Gianluca Iumiento

Al Teatro Mercadante martedì 20 giugno prima assoluta, per il Campania Teatro Festival 2023 battiti per la bellezza.

Servizio di Rita Felerico

Si susseguono - come fotogrammi di un film – incastonati nella surreale scenografia di Roberto Crea sospesa sul palcoscenico, le scene de Il rito, adattato e curato nella regia da Alfonso Postiglione. “Siamo partiti dal testo integrale – dichiara il regista – dal testo pensato per il teatro ma mai messo in scena, divenuto, nella mente di Ingmar Bergman, una partitura per primi piani”. Si ispira infatti al film del 1969 interamente girato in bianco e nero considerato uno dei più metafisici e anti-spettacolari del regista svedese, incentrato sul confronto dialettico fra tre attori – personalità particolari – e un giudice che deve sentenziare la veridicità sull‘oscenità di cui sono accusati.  Come nel film, le sequenze corali sono quella iniziale e la finale, mentre le altre si susseguono nel complesso ritmo del dialogo fra il giudice e i singoli attori.

In questa scena ridotta a fotogramma la tormentata figura del giudice chiamato a sentenziare vacilla fra il desiderio di trasgredire la sua integerrima vocazione alla verità delle leggi e il desiderio di cadere nella ‘trappola’ dell’arte: in fondo lui avrebbe voluto essere un artista. In questo gioco al massacro che è il confronto con gli attori alla fine, dopo aver ceduto ai suoi istinti più rozzi, morirà. Non regge al confronto con la verità vera, con quella scritta dai codici; il giudice Abrahamsson è un uomo solitario, circondato dai suoi libri inestimabili, ma si logora nella certezza illusoria dei suoi codici, si autogiudica autodistruggendosi. E ‘ un personaggio kafkiano, scisso, ripiegato in sé stesso, e bravissimo è Elia Schilton nell’interpretarlo e nel renderlo umano.

Bergman venne spesso perseguitato dalla censura e fino alla fine cercò – per superare le difficoltà- di equilibrare il suo messaggio artistico, perché in sé l’arte è destabilizzante, diceva. Ma l’arte deve essere destabilizzante, deve provocare, sostiene il regista Postiglione. E come nella pellicola  dove i personaggi si inquadrano a distanza ravvicinata per meglio scavare nei volti, così sulla scena si susseguono Thea Winkelmann, Hans Winkelmann e Sebastian Fischer rivelando le loro debolezze e fragilità, le loro misere ambizioni, in un incessante vestirsi e spogliarsi, mascherarsi e rivelarsi, immerso in una atmosfera di bianco e di nero che sfuma ogni volta che si cambia o muta il rapporto fra i tre, marito moglie e amante oltre che compagni e attori professionalmente ed economicamente legati fra loro.

I tre attori de Il rito – come evidenzia Aldo Serio, con uno sguardo acuto sul film di Bergman – rappresentano i tre aspetti dell’arte: il capocomico è la stanchezza, il fatalismo, la rassegnazione; l’attore giovane è l’istinto, il coraggio, la forza; la donna è il sesso liberato, il sentimento, la fiamma che scalda la creazione, la molla rituale dell’amore, cioè della fusione di tutti e tre gli elementi”. 

Ma il groviglio dei personaggi corrisponde al groviglio delle loro vite e dei dubbi che segnano le loro vite; incapaci di gestire e dominare i sentimenti, i limiti, anche fisici nel caso di Thea, finiranno per trasfondere nell’arte il loro punto di salvezza e trascendere alla verità.
Ma è questa la strada giusta, sembra chiederci Bergman? Elia Schilton (ha lavorato con Ronconi, Peter Stein, Carlo Cecchi) il giudice vittima di se stesso, lo chiede spesso agli spettatori, vacillando nella risposta nei suoi faccia a faccia con gli attori. Ma nel bianco – colore prediletto dallo stesso Bergman-  e nel grigio simbolicamente descrittivo dell’oscurità dell’anima,  si consuma l’ossessiva ricerca dei personaggi : ottima prestazione di  tutti gli interpreti, Alice Arcuri -Thea Winkelmann Giampiero Judica  -    Sebastian Fischer- e Antonio ZavettieriHans Winkelmann- nei gesti, nella mimica facciale, con il loro background  più cinematografico e televisivo piuttosto che teatrale, dai quali il bravo Postiglione – sempre attento agli attori e alle loro capacità – ha tratto il meglio.

 

IL RITO di INGMAR BERGMAN
TRADUZIONE DI GIANLUCA IUMIENTO 
CON ELIA SCHILTON (GIUDICE ERNST ABRAHMSSON), ALICE ARCURI (THEA WINKELMANN), GIAMPIERO JUDICA (SEBASTIAN FISCHER), ANTONIO ZAVATTERI (HANS WINKELMANN)
ADATTAMENTO E REGIA ALFONSO POSTIGLIONE
COPRODUZIONE ENTE TEATRO CRONACA, TEATRO DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL
SCENE ROBERTO CREA
COSTUMI GIUSEPPE AVALLONE
MUSICHE PAOLO COLETTA
DISEGNO LUCI LUIGI DELLA MONICA



Ph. Anna Abet

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