ELETTRA di Sofocle, regia Roberto Andò

Al Teatro Grande Parco Archeologico di Pompei 11, 12 e 13 luglio 2025

Servizio di Rita Felerico

Tutti gli interpreti di questa magnifica edizione dell’Elettra all’interno della rassegna Pompeii Theatrum Mundi 2025, hanno dato una stupefacente prova attoriale, da Sonia Bergamasco Elettra, pura follia sublimata nell’atroce dolore, ad Anna Bonaiuto, la Clitennestra / madre richiamo ai sentimenti più antichi dell’animo umano. Da Oreste, Roberto Latini, che echeggia con la corposità del suo tono di voce nella cavea pompeiana, ignaro di ciò che lo porterà alla morte, la furia delle Erinni, a Egisto, Roberto Trifirò, da Pilade, Rosario Tedesco al Pedagogo Danilo Nigrelli   e tutti gli altri, la sorella Silvia Ajelli, le corifee, il coro. Bellissimi i costumi di Daniela Cernigliaro, la musica del Maestro Giovanni Sollima, le scene e luci di Gianni Carluccio. A Roberto Andò, regista, un pensiero di gratitudine per aver riportato nella cavea del Pompeii Theatrum Mundi 2025 una antica pagina di teatro ancora classicamente contemporanea, grazie per la collaborazione fra il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Parco Archeologico di Pompei e l’Inda: Elettra ha debuttato in maggio al Teatro di Siracusa, altro unico, magico luogo della civiltà. Uno successo per tutti i tre giorni di rappresentazione – 11 – 12 – 13 – luglio, applausi a scena aperta.

Sofocle era novantenne quando concepì l’Elettra, i toni della tragedia sono resi più drammatici, le donne incarnano in modo più incisivo meccanismi di pensiero più dolorosi che vanno a travalicare gli argini di ogni ragione e di ogni regola. Se Euripide, infatti, nella sua Elettra lascia spazio al dubbio, qui in Sofocle il personaggio è talmente incastonato nella sofferenza da pietrificarsi nel suo sentimento di vendetta e di rancore, dal quale sembrano essere stata resa prigioniera, per sempre. Neppure il coro della polis, con i suggerimenti tesi alla comprensione, riesce a rimuovere la paradossale azione di follia meditata da Elettra, né i pensieri di cupo risentimento del quale si nutre; per questo è posta ai margini della sua città, è una fuoriuscita che non merita di abitare il palazzo regale e neppure la città, che si presenta agli occhi dello spettatore come la vede lo stesso sguardo di Elettra, inclinata al potere usurpatore di Egisto – come è evidente nella scenografia –.

Quello di Elettra è un destino senza vita così come è legata al ricordo dei morti e questo rende la sua esistenza una voce priva di riscontri, un richiamo solitario che trascina alla morte. Rispondere con la vendetta, la violenza alla vendetta subita è la risposta giusta all’ingiustizia che hanno subito i morti a lei legati, il padre, la sorella Ifigenia? Il padre, Agamennone, avvolto dalla cattiveria dei suoi gesti, agisce per ‘voler di Stato’, per necessità, ligio al suo ruolo di re, per questo non esita ad uccidere la figlia, decisione che Clitennestra non perdona.

Il legame fra Elettra e il padre è pervaso da una adorazione arcaica, di filia, la stessa che lega Elettra alla madre Clitennestra, lo stesso che non la fa esitare ad uccidere il marito. La madre è madre sopra ogni vendetta. E’ questo forte incastrarsi dei ruoli e dei sentimenti l’elemento che unisce Elettra a Clitennestra, la figlia alla madre, simili nel loro essere e agire, lontane dal comprendersi e amarsi senza ombre. Oreste, il fratello della disgregata Elettra, è per lei l’unica certezza: forte e toccante il suo monologo sull’urna funeraria nella quale crede si custodiscano le ceneri di Oreste, che viene ‘guidato’ verso l’orrore del duplice assassinio, dell’usurpatore del trono paterno, Egidio, amante e marito della madre, e della madre che elimina senza pietà.

Il testo ricco di tali innumerevoli implicazioni viene reso da Roberto Andò tragedia dei nostri tempi: leggo nella presenza pietrificata di Elettra l’incapacità di oggi di guardare oltre i nostri confini, presi da egoistici pensieri, leggo la contraddittoria figura materna, imbavagliata, perchè relegata ad un improbabile modello di giustizia. Una giustizia che in questo testo sembra scomparire, dileguata e smembrata dalle pietre di un pensiero incapace di evolversi dalla sua bestialità, anzi rinvigorendo la sua barbarie in ogni relazione e in ogni rapporto politico e sociale.

La vendetta, la giustizia violenta esaurisce questa catena di guerra di sentimenti? Elettra risponde con la sua scelta convinta di azione, la sorella, Crisotemi, con l’accettazione del destino. Ma forse non è proprio così.

L’improbabile musica di un impolverato pianoforte che apre e chiude la tragedia, suonato da Elettra, è il labile ma indimenticabile messaggio di speranza.

 

ELETTRA
di Sofocle
traduzione Giorgio Ieranò
regia Roberto Andò
con Sonia Bergamasco (Elettra), Anna Bonaiuto (Clitennestra), Roberto Latini (Oreste), Silvia Ajelli (Crisotemi), Bruna Rossi (Corifea) Paola De Crescenzo (Corifea), Giada Lorusso (Corifea), Danilo Nigrelli (Pedagogo), Roberto Trifirò (Egisto), Rosario Tedesco (Pilade), Simonetta Cartia (Capo Coro)

Coro di Donne di Micene
Clara Borghesi, Carlotta Ceci, Ludovica Garofani, Gemma Lapi, Zoe Laudani, Arianna Martinelli, Francesca Sparacino, Francesca Totti, Siria Veronese Sandre (Accademia d’Arte del Dramma Antico)

scene e disegno luci Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
musiche Giovanni Sollima
suono Hubert Westkemper
movimenti Luna Cenere
assistente alla regia Luca Bargagna
assistente scenografo Sebastiana Di Gesù
assistente costumi Pina Sorrentino

produzione Inda – Istituto Nazionale del Dramma Antico, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

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