ABRACADABRA Sezione Letteraria Alessandro Bergonzoni a cura di Silvio Perrella

Al Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale – per Campania Teatro Festival il 25 alle ore 19, giugno 2025.

Servizio di Cinzia Capristo

Silvio Perrella incontra Alessandro Bergonzoni nel Cortile delle Carrozze, ultimo appuntamento che chiude la sezione Letteratura di questa stagione 2025.

Un Bergonzoni ambito e che ambisce di essere a Napoli perché in qualche modo gli è familiare, il mare, la città col suo folklore tutto sembra appartenergli.

Perrella ha voluto raccontare l’antefatto di quest’incontro, di quando aveva deciso, per questa edizione, di proporgli un intervento nella sezione letteraria intitolata “Abracadabra” e di come Bergonzoni ha subito accettato l’invito perché come dice lui: “la sentiva”. La parola “Abracadabra”, e si ritorna al leitmotiv di queste giornate, gli suscitava aperture, magia, secreto, potenza del come si narra e do cime donare ciò che si sa. Peraltro, Bergonzoni ha scritto un libro dal titolo “Aprimi cielo” ossia: “apri me cielo”. Egli è un osservatore attento delle parole, sa adoperarle perché le scruta, le viviseziona, ossia le rende, sezionandole, vive e palpitanti, trae da esse significati reconditi, sgretolandole le destruttura producendo altre parole e altri significati. La sua destrutturazione del linguaggio è visionaria, “abracadabra” diventa terra di nessuno, le parole vanno curate. Lo stesso Italo Calvino parla di una peste del linguaggio. La parola “pace” come dice Bergonzoni è abusata si deve disertare da essa per giungere alla “RA” ossia a quella sorta di desinenza della parola “Guerra” che dà il senso della fine. A volte ci vorrebbe un po’ di De Gasperi, perché ci sono morti che sono ancora vivi, e vivi che sono già morti.

Sullo sfondo delle parole un esercizio di immaginazione un “sopralluogo” che diventa “sopra un luogo”, un cuore urbano: Napoli che pulsa, che fa volare in ogni suo luogo di “nettezza urbana” che diventa con le sue parole: “netta, precisa, urbana” perché i rifiuti c’è chi li porta fuori, ma c’è chi li porta dentro ed emergono con le parole dette, non misurate. Parla di ponti, ma come egli dice: i ponti siamo noi, siamo una campata, uno spazio compreso da colonne portanti, ma anche una durata in vita nel senso di salvare delle vite, e Bergonzoni attende ordini dal “Caos”.

Perrella legge alcune sue poesie che a volte sembrano aforismi e, in alcuni passi, gli ricorda Gianbattista Vico che alzando gli occhi al cielo verum ipsum factum, gli uomini primordiali sentono paura e stupore. Parla della poesia Bergonzoni e di come le parole diventano strumento e musica, la poesia è per lui salvifica e non c’è etica se non c’è poesia. La parola “sicurezza” diventa “carezza” perché si ha bisogno di tenerezza in questa vita. Egli adotta un sistema quantico, l’opera d’arte diventa reale quando si costruisce questo è per lui poesia. La poesia è uno shock pre-traumatico ossia si sente prima che l’evento avviene, una poetica esistenziale quella di Bergonzoni, è una “rievoluzione” e non una rivoluzione come egli stesso sostiene, una “congiungivite” ossia una unione di cose dell’altro mondo in questo mondo, un visionario di ciò che c’è, però quando decide di volerlo. Si sofferma sulla parola “Amore” perché anch’essa abusata e della parola “morte” di come ci sia bisogno di parole per accompagnare una fine vita, e di come la parola “confine” quel “fine” richiama il vuoto di vastità che può essere riempito, un farsi abitare per colmare un vuoto esistenziale. Prova una stanchezza estrema Bergonzoni, ma si sente vivo, con le tante voci interiori che abitano in lui e che ne fanno un artista completo perché vede con l’anima e con gli occhi.

 

ABRACADABRA – SEZIONE LETTERATURA
A CURA DI SILVIO PERRELLA
ORGANIZZAZIONE VESUVIOTEATRO
CON ALESSANDRO BERGONZONI

 

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